lunedì 26 gennaio 2009

Le Interviste de "Il mondo di Sky Tg 24": Costanza Ruggeri


Intervistiamo oggi Costanza Ruggeri, giornalista Sky Tg24, esperta di moda e spettacolo.


Raccontaci qualcosa di te e dei tuoi inizi, come è nata la passione per il giornalismo?


Non ricordo di aver mai voluto far altro che la giornalista. Ogni pezzo di carta è sempre stato buono per lasciare un segno. Uno scarabocchio, una firma, un pensiero. Sono nata e cresciuta a Conegliano Veneto, in provincia di Treviso, tra le colline del prosecco e le coltivazioni del radicchio. Maturità al liceo classico della città, laurea in Filosofia alla Cà Foscari di Venezia, specializzazione in antropologia alla UCD di Dublino. Una vita tutto sommato ordinaria fino al dicembre del 1998. Ricordo come se fosse oggi mio padre che mi si avvicina, mi mette in mano un ritaglio di giornale e mi dice: "Se vuoi vai". Era l'annuncio delle selezioni per il Master di giornalismo alla Luiss di Roma. Ancora mi dovevo riprendere dalle fatiche della laurea (avevo discusso la tesi poco più di due mesi prima) ma sentivo che era arrivato il momento di diventare quello che avevo sempre sentito di essere, di dare vita a quei sogni di ragazzina che, alla domanda "cosa vuoi fare da grande", mi avevano sempre fatto rispondere: "Voglio raccontare il mondo". Mi sono trasferita nella capitale, ho studiato, conseguito la specializzazione in giornalismo multimediale e iniziato a fare le prime collaborazioni. Uno stage all'ufficio fotografico di Liberal, il primo contratto come redattore di un sito per gli italiani nel mondo, il praticantato in un'agenzia di comunicazione web e l'assunzione.

Come sei arrivata a Sky?


Nel modo più tradizionale possibile. Ho mandato un curriculum. Devo spiegare però che la mia avventura a Sky è iniziata dal "corridoio". A Bravaitalia.com, il sito per gli italiani nel mondo di cui ti parlavo prima, mi occupavo della pagina di moda e costume. Sono da sempre una grande curiosa del ruolo che il vestiario ha nei processi di inclusione ed esclusione sociale. Ho sempre visto la moda come il più antico e comune dei metodi usati dall'essere umano per comunicare più che come un avvicendarsi di capi e di stili. Così quando mi si è presentata l'occasione di confrontarmi, ogni giorno, con tendenze e modi di essere, ho preso l'occasione al volo. Forte dell'esperienza maturata in 3 anni, nel settembre del 2004, ho spedito il mio profilo a Duccio Forzano che, allora, si occupava della direzione artistica del canale Skytg24 e, nello specifico, seguiva la realizzazione di FAD, quello che oggi è lo spazio dedicato alla cronaca rosa all'interno del Tg. Il programma veniva realizzato a Milano e serviva qualcuno che si occupasse del centro-sud. Ho fatto parte della squadra di FAD, come collaboratrice da Roma, per un anno fino a quando, in un'ottica di razionalizzazione delle risorse, la pagina spettacolo è stata traferita negli studi di via Salaria. Ricordo l'emozione del primo colloquio con il direttore Emilio Carelli e l'ansia nell'aspettare il momento in cui, finalmente, avrei avuto l'occasione di fare davvero parte della redazione. Momento che è arrivato nell'ottobre del 2006.

Hai avuto come punti di riferimento dei miti del giornalismo?


Due su tutti. Indro Montanelli e Ryszard Kapuściński. Ho avuto l'occasione di conoscere il secondo. Un giornalista eccezionale proprio perchè non ha mai dimenticato che, dietro la sua professionalità, agiva sempre un essere umano. Un grande uomo al quale non interessavano solamente la politica e i giochi di potere ma soprattutto le persone. Il suo "Il cinico non è adatto a questo mestiere" è in assoluto, a mio avviso, il miglior vademecum sul buon giornalismo. "Una cosa è essere scettici, realisti prudenti" diceva Kapuściński. "Questo è assolutamente necessario, altrimenti non si potrebbe fare giornalismo. Tutt'altra cosa è essere cinici, un atteggiamento incompatibile con la professione del giornalista. Il cinismo è un atteggiamento inumano, che allontana automaticamente dal nostro mestiere, almeno se lo si concepisce in modo serio".

Quali servizi da te curati ricordi in modo particolare?


Sono tanti, tantissimi. A livello di soddisfazione professionale senza dubbio il reportage sul dietro le quinte del carnevale di Viareggio che ha ottenuto il premio "Giannini" come miglior servizio giornalistico. A livello umano, forse, l'approfondimento sul mondo dei cosplayer che mi ha permesso di vivere per un paio di settimane a strettissimo contatto con un gruppo di ragazzi talmente appassionati di fumetti e videogiochi da dedicare la maggior parte del proprio tempo alla realizzazione a dimensione umana dei costumi e degli accessori dei loro beniamini. Visto dal di fuori sembra un mondo di fanatici e alienati ma, frequentandoli, ho scoperto una realtà fatta di aggregazione e grandi passioni. E poi l'intervista a Renzo Arbore per la sua enorme conoscenza ed esperienza del mezzo televisivo, quella ai Take That rimasti nonostante il successo ragazzotti di periferia ma soffocati da un management e una struttura organizzativa impressionante e l'incontro con Claudio Baglioni, l'avverarsi del sogno di una bambina che fantasticava con le note di Questo piccolo grande amore e di un'adolescente che si innamorava con quelle di Mille giorni di te e di me. E poi c'è quello a cui sto lavorando .... una storia piuttosto lontana dalle cose di cui mi occupo quotidianamente ma, ti assicuro, emotivamente molto forte.

Passiamo a cose di stretta attualità. Gomorra è stato escluso dalla corsa all'Oscar. Te l'aspettavi?


Onestamente si. Nonostante avesso avuto il consenso di un mostro sacro della cinematografia d'oltreoceano, Martin Scorsese, sono convinta che gli americani non abbiano le chiavi per capire Gomorra. Ho avuto modo, negli ultimi due anni, di conoscere e confrontarmi con parte della realtà americana. Sono un popolo di forti contrasti ma anche di grandi lezioni. Quello di Garrone è un film difficile. Una pellicola forse troppo lontana dagli stereotipi dell'Academy Award. Quest'anno più che in altre occasioni. A passare nella lizza delle nove pellicole ancora in gara per il miglior film straniero sono stati lavori come Waltz with Bashir dell'israeliano Ari Folman o Tear This Heart Out del messicano Roberto Sneider, film che chiamano parecchio in causa l'America. Forse Gomorra, specchio di una realtà provinciale che probabilmente nemmeno in Italia può essere compresa ovunque nello stesso modo avrebbe avuto più chance nella categoria miglior documentario, la stessa dove l'anno scorso ha partecipato Sicko di Michael Moore e dove due anni fa ha vinto An Inconvenient Truth di Davis Guggenheim. Certo, quest'anno avrebbe dovuto vedersela con Man on Wire di James Marsh che ha portato sullo schermo l’impresa di Philippe Petit (che nel 1974 riuscì a camminare su un filo sospeso tra le due torri gemelle del World Trade Center) e con Trouble the Water di Carl Deal e Tia Lessin, la testimonianza sulle conseguenze dell’uragano Katrina a New Orleans ma chissà....



Lo spettacolo, nelle sue varie forme, occupa una fetta importante dei Tg nazionali. Ritieni che sia giusto oppure che gli si dia troppa importanza?


Penso che per lo spettacolo così come per tutti gli altri settori dei Tg il problema non stia nel "quanto" si parla di qualcosa ma nel "come" lo si fa. Il chiacchiericcio di quartiere e le notizie che io chiamo di pianerottolo troppo spesso sostiuiscono l'informazione seria. Va bene informare dell'avvenuto divorzio tra Madonna e Guy Ritchie ma soffermarsi su quante volte la cantante è stata avvistata con qualcuno, su quanta acqua della Kabbalah il regista di RocknRolla debba dare ai figli per mantenere il diritto all'affidamento congiunto o, ancora, su come Madonna si stia organizzando per un weekend termale con l'amica Gwyneth Paltrow onestamente non vedo quale apporto costruttivo possa dare alla notizia...


Prima c'erano le grandi attrici, Audrey Hepburn, Monica Vitti per fare due esempi anche di generi opposti. Ora sembra che per fare questo mestiere, e altri nel campo dello spettacolo, basti andare ad un reality show. Può apparire qualunquista come discorso ma una verità c'è. Che ne pensi?

Penso che la storia televisiva degli ultimi anni abbia dimostrato che con la velocità con cui queste presunte "stelle" compaiono altrettanto velocemente scompaiono. Il discorso vale per quello televisivo così come per qualsiasi altro mestiere. In ogni settore chi "si improvvisa" è destinato a non lasciare il segno. Sia esso un uomo di spettacolo, un giornalista, un impiegato. Ogni lavoro per essere svolto nel migliore dei modi ha bisogno di esperienza, di studio, di caparbietà. Finite le ospitate si torna alla realtà quotidiana che, nella maggior parte delle volte, non è fatta di lustrini e cifre a 6 zeri.

Sei pro o contro i reality show?

Sono pro concetto reality show, assolutamente contro il modo in cui il fenomeno si è evoluto. Di realtà nel reality non è rimasto praticamente nulla. Il fenomeno della cosiddetta Tv verità e l'impatto mediatico che ha avuto mi intriga perchè impone uno sguardo sull'Altro che mi sembra molto simile ai freak show, le esibizioni di zoo umani di inizio secolo. Nei primi del 1900 in Europa spopolava Saartjie Bartman meglio conosciuta come la "Venere ottentotta". Saartjie apparteneva al popolo dei Khosan, era alta un metro e 35 centimetri ed era considerata una "dea di bellezza" perché aveva molto sviluppate le caratteristiche fisiche per cui da anni si favoleggiava sulle donne boscimane: natiche prominenti e organo femminile estremamente sporgente. Saartjie fu il caso più famoso di "selvaggia" portata in tournée, ma non fu l'unico. Tantissimi indigeni venivano portati in Europa come curiosità. I "Trogloditi africani" a Berlino, i "Pigmei d'Africa" alle Folies Bergères di Parigi. Gli zoo umani hanno sempre stuzzicato la curiosità e il senso estetico perchè permettevano la messa in scena dell'Altro, del Diverso. Ma allora, come oggi, se c'erano degli "esibiti" è perchè c'erano e ci sono degli "espositori" e dei "visitatori". Senza il visitatore e il suo sguardo non esisterebbe nè lo zoo nè la manipolazione delle identità. I personaggi dei reality sono gli "esibiti" di oggi, i protagonisti degli zoo umani contemporanei.


Il cinema italiano vede spesso la produzione di buoni film. Possiamo migliorare?


In Italia esiste a mio avviso una crisi di quantità e una di qualità. La prima la vedo strettamente connessa con la stagionalità del nostro consumo di cinema. E' una peculiarità tutta nostrana. In Europa così come in America (non conosco la realtà asiatica per cui non ne posso parlare) il pubblico riempie le sale anche d’estate. In Italia no. In linea di massima non considero elevato il livello medio della produzione cinematografica italiana ma penso esistano delle punte di eccellenza. Penso a Paolo Sorrentino, Matteo Garrone, Emanuele Crialese, Saverio Costanzo. Certo .... non mi sembra sia ancora nato un nuovo Pasolini.


Costanza, parliamo un secondo di moda. Tu vieni dal giornalismo di moda. Ti piacerebbe curare delle rubriche apposite o seguire degli eventi dal vivo

Nel mio piccolo già lo faccio anche se le esigenza di una all news ti obbligano alla più totale flessibilità. L'essere in onda 24 ore su 24 ti "costringe" ad interessarti ed occuparti delle cose più disparate. Non puoi permetterti di concentrarti su un unico settore. Per un prodotto come Skytg24 sarebbe troppo limitante. Restano naturalmente le passioni e le attitudini personali. Da quasi un anno è iniziata la mia avventura a Sky tg24 mattina. Per me ha significato un brusco cambiamento di abitudini rispetto al periodo trascorso in redazione. Innanzitutto la sveglia che, puntuale, ogni giorno suona alle 4.15 del mattino. E poi la sfida di un programma nuovo, con dei ritmi di aggiornamento ancora più cadenzati del tg24 normale. Ma in questa fascia, più che nelle altre, ho la possibilità di occuparmi di moda e spettacolo per l'edizione "rosa" delle 11.45.


Ne approfitto: fammi dei brevi profili dei migliori stilisti di sempre...a tuo gusto ovviamente!

Se mi parli di moda italiana metto al primo posto l'eleganza di re Giorgio Armani. Al secondo la sartorialità di Fausto Sarli. Al terzo l'originalità di Antonio Marras. Al quarto i colori di Emilio Pucci. Al quinto la spensieratezza di Mariella Burani. Se invece nella classifica posso inserire anche stilisti stranieri non posso non ricordare lo spirito di innovazione di Coco Chanel e quello di contestazione di Vivienne Westwood.


Cosa fa Costanza nel tempo libero?

D'impatto ti rispondo: non sta mai ferma! A dispetto del cambiamento di abitudini lavorative non riesco ad adattarmi all'idea che la mia giornata finisca alle 12.30. Non ce la faccio a tornare a casa e a dormire quando tutto il mondo, fuori, vive. Roma in questo offre moltissimo. E così cerco di riappropriarmi di quegli spazi che ho messo da parte negli anni passati. Adoro girovagare con la mia macchina fotografica alla ricerca degli angoli più nascosti e meno conosciuti della Capitale. Mi piace "scoprire" designer e artigiani che danno sfogo alla fantasia e creano le cose più inimmaginabili. Sono diventata una vera e propria Bibbia vivente dei negozi con i capi più originali al miglior prezzo. E poi il pranzo o l'aperitivo con gli amici, un buon libro, il cinema. Senza dimenticare l'impellenza delle faccende di casa e la sperimentazione in cucina. Da un paio di mesi, quando posso, me ne scappo a Conegliano. Sono diventata zia a metà novembre e appena riesco a conciliare i miei turni con quelli di mio marito me ne volo a casa a trovare "patato".

Un consiglio per un giovane che vorrebbe iniziare la tua stessa carriera

Rispetto per sè stessi e per i propri obiettivi innanzitutto. Tanto studio. Non cedere mai alla sensazione di sentirsi arrivati. Avere sempre tanta voglia di imparare e non aver timore di ammettere le proprie ignoranze.






mercoledì 14 gennaio 2009

Jordan Foresi " Ho curiosità di vedere Obama in azione"

Una decina di giorni fa ho incontrato Jordan Foresi, corrispondente Usa di Sky Tg24. Era in vacanza nella sua Roma, o meglio nella sua Trastevere, prima di riprendere la corsa verso l'insediamento di Obama. Ecco cosa mi ha raccontato.

Jordan, raccontaci qualcosa sui tuoi inizi

Il giornalista di casa era mio nonno. Al liceo adoravo scrivere ma non avrei mai pensato di intraprendere un giorno questa carriera. Ci sono entrato davvero per caso. Feci uno stage alla Cnn di Roma e li nacque la voglia di fare il giornalista. Dopo andai a Washington e feci un altro stage, questa volta alla Nbc. Mi rendo conto di aver toccato subito il massimo e di essere stato fortunato praticando il giornalismo d’elite. Il reale salto di qualità avvenne a Milano quando fui chiamato a lavorare al Sole 24ore Tv. Un nuovo prodotto, valido ed innovativo che inizialmente andò molto bene superando in ascolti Bloomberg Television e CNBC. Lavoravo lì quando accadde la tragedia delle Twin Towers. Il lavoro redazionale fu frenetico e puntiglioso, l’evento fu seguito, a mio avviso, benissimo. Sempre nel 2001 venni mandato come inviato a Genova per il G8. Credo di aver fatto un buon lavoro. Il nostro materiale venne usato anche da altri, segno di qualità. Ci fu anche un fatto che mi coinvolse in prima persona. Mi trovavo sul campo quando fui rincorso da alcuni manifestanti, che alla vista del mio tesserino di giornalista andarono in escandescenza. Il tutto avvenne con il mio telefonino acceso per la diretta e la mia collega in studio che mi passava la linea! Il filmato fu mandato anche nella rubrica di Toni Capuozzo “Terra” del Tg5. Riassumendo il tutto, l’esperienza di Sole24tv mi ha aiutato molto nella formazione e conoscenza economica che oggi è fondamentale nel mio ruolo di corrispondente Usa per Sky.

Ecco Jordan, come sei approdato a Sky?

Era agosto 2003 quando ricevetti la chiamata di Emilio Carelli, al quale avevo inviato il mio c.v.. Feci il colloquio e venni assunto. Devo essere sincero, forse in maniera presuntuosa mi immaginavo subito inviato da qualche parte ma non fu ovviamente così. Fui messo al Pod e ci rimasi per quasi tre anni. Non ero felice perché volevo essere sul campo, ma oggi posso serenamente dire che quell’esperienza mi servì moltissimo. Ringrazio Franco Ferraro che mi ha supportato e sopportato in quegli anni, con consigli e insegnamenti. Lui è un maestro nel vero senso della parola. Sai le risate che si farà quando leggerà questa intervista! Un giorno, in una riunione, il direttore Carelli comunicò che il posto di corrispondente a New York era vacante. Ricordo quei momenti. Si girò verso di me e mi disse di preparare i bagagli che da li a breve sarei partito. Ero al settimo cielo e tutti i mie colleghi notarono la mia gioia. Tenete presente che mia madre è americana e io ho la doppia cittadinanza, insomma gli Usa sono il mio secondo Paese e fin da piccolo ho trascorso lunghi periodi con la mia famiglia americana. Il 29 giugno del 2006 atterro a New York e l’euforia lasciò presto il posto allo smarrimento che si prova arrivando in una nuova città dove dovevo crearmi in breve tempo le condizioni migliori per lavorare.



Quali furono le prime cose delle quali di occupasti da corrispondente?

Il conflitto tra Israele e gli Hezbollah in Libano. Ovviamente seguivo la parte della diplomazia internazionale. Ricordo la prima volta al palazzo di vetro dell’Onu. Un’immersione in un mondo nuovo e pieno di colpi di scena. Poi ci fu l’intervista ad Al Gore in concomitanza con l’uscita del suo documentario “An unconvenient truth”.Ci incontrammo in un albergo e si erano stabiliti a priori 45 minuti di colloquio. Andammo ben oltre: fu una chiacchierata con una persona interessante e capace di trasmettere sensazioni forti. Un uomo che crede a mio avviso veramente nella salvezza ecologica del nostro pianeta.

Ad oggi invece, quali sono i fatti da te raccontati che ti hanno preso emotivamente di più?

Me ne vengono in mente tre. La strage del Virgina Tech nell’aprile 2007. Fu atroce. 33 morti, famiglie distrutte e sconvolte. Emotivamente è stato qualcosa di durissimo. L’opinione pubblica era in panne. Non si trovavano parole giuste per descrivere la follia di uno studente contro suoi colleghi.
Guantanamo è un altro momento importante . Curai uno speciale fra molte difficoltà oggettive. Il Pentagono non rilasciava informazioni e ci fu una specie di “lotta” per ottenere i permessi di visitare la base / carcere. Ma alla fine credo che la fatica sia valsa la pena. Il mio speciale è stato anche candidato ad un premio di giornalismo.
L’uragano Gustav è, in ordine cronologico, l’ultimo delle esperienze che voglio citarti anche se ce ne sarebbero altre. Vedere le città svuotarsi e diventare città fantasma ti lascia di stucco. Dopo Katrina il livello di paura è diventato altissimo. New Orleans e altre città andavano svuotandosi ed erano i giorni della convention repubblicana di Saint Paul che passò in secondo piano. Attraversai il paese più volte. Tanto fermento per un evento incontrollabile come un uragano. La natura va davvero temuta.

Jordan, una domanda. Perché un paese così all’avanguardia su molte cose si scandalizza per un seno di Janet Jackson fino a boicottarla dai canali musicali e dalle radio? Non è un controsenso?

E’ un controsenso. L’America è così. L’evento dove avvenne il “fattaccio” era il Superbowl: la finalissima del Football americano. Un evento quasi sacro seguito da milioni di famiglie. Gli americani sono in molte circostanze veri “liberali” ma non negli eventi pubblici. In quel caso non tollerano errori. Io amo questo miscuglio. Si passa dal cuore del paese conservatore e a tratti ancora razzista, alla California aperta ai diritti dei gay, a comunità italiane o spagnole e così via. Banale ma vero: il Melting Pot. Mi soffermo a guardare queste sfaccettature perché sono un gran curioso e credimi, serve in questo mestiere!

Cosa pensi del presidente eletto Barack Obama?

Finalmente una persona nuova. E Dio solo sa quanto gli Stati Uniti abbiano bisogno di vento fresco e nuovo. Ricordo alla convention di Denver che la gente ascoltava Obama e piangeva. Piangeva commossa perché il senatore dell’Illinois parlava ai cuori della gente. La stessa emozione non si percepiva quando parlava Hillary Clinton. Detto questo Obama dovrà ora sicuramente dimostrare tutto il suo valore e le sue capacità. La crisi americana è profonda e dopo 8 anni di un’amministrazione Bush, che ha lasciato molte perplessità soprattutto sulla politica internazionale e in materia delle strategie energetiche e ambientali, il lavoro per lui sarà lunghissimo e arduo. Ho molta curiosità di vederlo in azione e avrò il privilegio di essere in prima fila.

Andando un po’ indietro, avresti scommesso su lui?

Sì. In un mio intervento durante uno speciale di America 2008 dissi che Obama sarebbe stato il candidato democratico. Ricordo lo stupore per la sua vittoria in Iowa. Uno stato non certo facile. Come ero convinto che Rudy non avesse chances tra i repubblicani. Ultimamente troppo lontano dai problemi del semplice cittadino. Sulla Clinton avevo i miei dubbi perché gli americani non amano le dinastie. Insomma 8 anni di Bill Clinton e poi 8 anni di Bush e ora ancora una Clinton? Difficile. Questo mi faceva riflettere molto. L’unica dinastia amata è quella dei Kennedy ma oggi anche li ci sono le prime crepe poiché Caroline non ha dimostrato almeno per il momento la capacità di emergere.


E su McCain- Palin che mi dici?

Ho profondo rispetto per il senatore McCain. Un veterano di guerra e una persona capace di ascoltare la gente. L’aver scelto la Palin come vice è stato, per me, come darsi la zappa sui piedi. Potenziale sì, grinta da vendere ma poca competenza, un bagaglio politico ancora da sviluppare. Ricordo che una coppia repubblicana mi disse su un aereo che non avrebbe votato McCain perché se la Palin era capace di spendere in campagna elettore centinaia di migliaia di dollari per abiti e cura della persona, cosa avrebbe fatto se fosse arrivata alla Casa Bianca? Penso che molti si fecero la stessa domanda.

Se la tegola economia non si fosse abbattuta sulla campagna elettorale pensi che le chance di Barack Obama sarebbero state minori?

Io credo di no. Agli americani si può toccare tutto ma non il portafoglio. La crisi economica è a livelli altissimi. Basti pensare alle case automobilistiche. Ma crisi o no avrebbe vinto lui. L’Iraq è un fardello troppo grosso per i repubblicani. Una guerra che non doveva esserci e i cittadini americani adesso ne sono ben coscienti. La guerra al terrorismo andava fatta in Afghanistan dove ci sono ancora i talebani e anche Obama è stato chiaro: e lì il vero pericolo per la stabilità mondiale.

Quali saranno i principali interventi del neopresidente dopo il 20/01?

Ovviamente l’economia e una nuova politica estera. Attenzione al Pakistan. Immediato colloquio con quel paese che è strategico ai fini della lotta al terrorismo. Devo dire, ma forse mi sbaglierò, che non sono del tutto convinto di una Hillary Clinton Segretario di Stato.
E’ una donna potente ma la sua capacità diplomatica non mi sembra all’altezza di una Condi Rice o di una Albright. Credo certamente positiva invece la scelta di lasciare Robert Gates al Pentagono. Un personaggio capace e che ha saputo porre rimedio ad errori di George Bush e soprattutto della coppia Rumsfeld-Wolfowitz.

Come passi il tempo libero Jordan?

Mi piace correre o semplicemente camminare. Mi rilassa specie dopo lunghe giornate di dirette e servizi, ma anche di lavoro di ricerca. Leggere il giornale a Central Park sorseggiando un caffè è quanto di meglio possa esserci in certi casi. Poi pratico la scherma e credo di essere un buon sciabolatore. Adoro la lettura e il cinema e qui a New York c’è veramente una grande scelta.

Vista la passione per i libri, i tre preferiti di Jordan Foresi?

Ne ho molti ma ti cito:
A Farewell to arms di Hernest Hemingway, To kill a mockingbird di Harper Lee, Midnight in the garden of good and evil di John Berendt e perchè no...un bel libro di poesie di John Donne.

Un consiglio ad un giovane che vuole fare il giornalista?

Dico subito che ci vuole fortuna. Essere al posto giusto nel momento giusto e questo lo ammetto, mi è successo. Poi essere curiosi e aperti al mondo. Sacrificarsi e avere pazienza. Saper prendere anche un “calcio sulle gengive” sapendo che ci si può rialzare. Avere onestà intellettuale e sapere che per quanto le scuole servano, la strada è fondamentale




giovedì 8 gennaio 2009

Novità...presto!

Entro una settimana il blog riprenderà la sua normale attività con nuove interviste ai protagonisti del Mondo di Sky Tg24. Ci tengo a precisare che per quanto mi riguarda, e per quanto riguarda molti dei lettori, il Mondo di Sky Tg24 va ben oltre quello che noi vediamo in tv. La squadra è grandissima e spero di poter sentire molti anche tra coloro che, da dietro le telecamere, costruiscono questo splendido prodotto.

Take care!