martedì 23 giugno 2009

Le interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Helga Cossu


Ecco a voi, a grande richiesta, Helga Cossu. La vediamo al timone delle edizioni mattutine del Tg! Buona lettura.


Ciao Helga, raccontaci innanzitutto come nasce la passione per il giornalismo e come si è poi sviluppata

Ciao Simone. Perché nasce questa passione non lo so. Viene dal nulla e comincia come un gioco, un sogno dai contorni frastagliati. Mi piaceva scrivere, raccontare, mi piaceva anche giocare a fare la giornalista. Ma un po’ come un seme che germoglia, la passione la riconosci dopo le esperienze e soprattutto dopo tante delusioni. A 18 anni comincio a scrivere per alcuni giornali locali della provincia di Frosinone. Se hai volontà e un pizzico di talento i giornali te lo permettono, tanto non ti pagano una lira, ma lo si fa un po’ perché da qualche parte bisogna pur cominciare, un po’ perché hai la speranza di ottenere almeno un tesserino da pubblicista. Mi occupo di tutto, dalle buche sulle strade ai piccoli incidenti stradali fino alle bagarre degli amministratori comunali. Ne avrei da raccontare ma non credo di avere troppo spazio.
Comunque, quegli anni servono a darmi una vaga idea del linguaggio giornalistico che apprendo di volta in volta dalle correzioni dei vari caporedattori. A 22 anni arrivo in televisione. Mi presento alla redazione dell’emittente ciociara Teleuniverso. La vera scuola è lì. Il direttore si trova davanti a una bambina che vuole imparare, mi dà la possibilità di andare quando voglio in redazione a guardare come si prepara un telegiornale. Ebbene, gratis et amore dei, vado lì ogni sacrosanto giorno per quasi un anno, solo ad osservare! Poi entro a regime, prima una collaborazione, poi l’assunzione con rinnovo annuale e anche la conduzione del tg. Intanto prendo il fatidico tesserino da pubblicista. Arriva il giorno in cui decido di lasciare casa, famiglia e lavoro per venire a vivere a Roma dove nel frattempo frequento l’università. Nella capitale entro a far parte di una società di comunicazione e produco un tg economico quotidiano che mi permette di sostenere tutte le spese. Poi un amico m’ informa che c’è un’emittente carina che forse ha bisogno di un giornalista. Invio il curriculum a RomaUno e mi prendono. Entro prima nella redazione di una trasmissione, poi imparo ad usare la telecamera, lavoro nel tg e finisco nei turni di conduzione. Nel frattempo divento praticante. Mi fermo qui così proseguo con la prossima domanda.





L’approdo nella redazione di Sky Tg24 come è avvenuta?

Da premettere che non avrei mai immaginato che sarebbe potuto accadere…soprattutto al giorno d’oggi.
Semplicemente mi è arrivata una telefonata. Katia, la segretaria di redazione di RomaUno mi passa la chiamata di un collega che mi cercava, senza specificare chi fosse. Bene, era..posso dirlo? Ma si, Franco Ferraro, caporedattore di Sky Tg24. Mi spiega che facendo zapping mi aveva vista condurre e dato che una conduttrice aveva lasciato Sky e che un’altra sarebbe andata in maternità, mi invita a mandare un curriculum. Il direttore Emilio Carelli mi chiama per un colloquio, poi mi fa fare un provino e dopo qualche mese..entro con un contratto di sostituzione, terminato il quale..sono ancora lì.


Redazione senza dubbio imponente. Come è l’ambiente?

L’ambiente è giovane e fortemente stimolante. La mole di lavoro è enorme e con ritmi frenetici. Il rischio è di ritrovarsi un po’ frastornati soprattutto all’inizio, almeno a me è successo così. Poi però è inevitabile prendere il ritmo. Professionalmente parlando è l’ambiente ideale per crescere e mettersi alla prova, umanamente, oltre a tantissimi validi professionisti, ho avuto la fortuna di conoscere anche tante belle persone.

Esiste “maschilismo” nel giornalismo secondo la tua esperienza?

Nel mio percorso non ho mai incontrato colleghi misogini…mi è andata bene, anzi è andata bene ai maschilisti! Semmai persone così poco intelligenti mi è capitato di trovarne fuori dal contesto lavorativo. Sul lavoro è più facile scontrarsi con lo scetticismo di qualche collega, ma è un atteggiamento in fondo normale che ti porta a dover dimostrare sul campo le qualità che hai.




Ti vediamo in conduzione la mattina. Complicate le levatacce in piena notte?

Beh...è pesante. La sveglia alle 4 del mattino su di me ha tendenzialmente due effetti. Primo: ti metti a letto col timore di non sentire la sveglia. Il chiodo fisso ti martella tanto da tenerti sufficientemente in allerta senza mai raggiungere la fase Rem. Facile quindi spalancare gli occhi, accorgersi che sono le 2 e farti venire il panico.
Secondo: hai tanto sonno, vai a letto e dormi profondamente, peccato che quando la sveglia suona la spegni alla luce dei famosi 5 minuti. Quando ti accorgi che è tardi l’effetto è sempre di panico e sonno tutto il giorno.


Quali sono i tuoi punti di riferimento nell’universo giornalistico?


Punti di riferimento intesi come veri e propri miti del panorama giornalistico non ne ho mai avuti. Penso che idealizzare in generale sia sempre un errore, mentre è giusto ispirarsi e prendere di ognuno solo la parte che si considera migliore. Cito ad esempio Sergio Zavoli. Ho visto praticamente tutte le sue inchieste e ne ho sempre apprezzato la dialettica senza sbavature e il linguaggio pulito, pieno di riferimenti, che il giornalismo moderno tende erroneamente a considerare demodè. Cito Oriana Fallaci e Jason Burke per il coraggio delle parole e per lo spirito di osservazione. Cito la persona di Enzo Biagi: insegna che un uomo disonesto non sarà mai un buon giornalista. Dunque semplicità del linguaggio, coraggio delle proprie azioni e onestà intellettuale. Non esistono giornalisti perfetti ma doti giornalistiche da cui trarre esempio si.





Una news che hai dato in diretta che ti ha particolarmente colpito, emozionato..

L’omicidio-suicidio di una persona che conoscevo molto bene. Ma non ho parole per descrivere quel momento come non ne ho avute allora.




Un servizio invece che ti rimarrà impresso a vita curato da te?

Lo sto ancora aspettando a braccia aperte. Il grande evento, quello che intimamente aspetti con la sensazione che quando accadrà ti cambierà la vita...prima o poi arriverà.
Se poi mi chiedi di piccole e grandi emozioni che in questi anni mi hanno coinvolto a vario titolo…allora non saprei da dove cominciare.
C’è’ l’inchiesta sulle acque avvelenate della valle del sacco, l’angoscia dei contadini e degli allevatori in attesa dei risultati di laboratorio. C’è L’ennesimo disperato che perde il posto di lavoro e davanti a te tenta di darsi fuoco. Per settimane ho seguito la vicenda degli sfratti nella capitale, sono entrata nelle case di quelle famiglie, ho visto le lacrime dell’anziano con la valigia in mano e i ricordi rinchiusi in scatole di cartone. Il clochard che ti ferma per strada e ti chiede di ascoltare le poesie che ha scritto. Di momenti indimenticabili ce ne sono un’infinità.



Sei giovanissima. Quali obiettivi hai professionalmente parlando?

Spero per me una crescita continua con esperienze sempre nuove. Ci sono tantissime cose che mi piacerebbe fare. Tra questi fare documentari in giro per il mondo, respirare l’odore di terre lontane, conoscere e raccontare la vita negli angoli più nascosti della terra. Un sogno, lo so. Ma si comincia sempre così no? Sul resto non entro nel merito, un pizzico di scaramanzia non guasta.



L’informazione in Italia. Troppo di parte?

Troppo impelagata direi. Basterebbe svincolarsi un po’ dalle questioni tutte politiche e cominciare a dar spazio anche ad altro.
Ci sono molte notizie che passano in secondo piano e che invece meriterebbero approfondimenti. Troppo gossip, pochi spunti di riflessione.


Hai una miriade di fans, raccontaci se vuoi come passa il tempo libero Helga Cossu.

Certo di portare avanti tutte le cose che tralascio per il lavoro. Almeno una volta al mese vado a trovare la mia famiglia, qualche volta riesco ad organizzarmi un viaggio non troppo lontano. Se sto in pieno relax e resto a Roma, esco con gli amici, vado al cinema…cose ordinarie. Prima di arrivare a Roma nel tempo libero mi dedicavo alla pittura, olio su tela, sono amante dell’impressionismo.. Qui però non ho lo spazio sufficiente. In compenso mi diletto col mio piccolo giardino. Adoro le rose, non parliamo dei gelsomini.


Infine, una dritta che ti senti di dare ai ragazzi che vogliono diventare giornalisti.

Io posso parlare solo in base alla mia esperienza quindi.. consiglierei di cominciare presto, più si è giovani meglio è. Cercate di farvi le ossa nelle piccole redazioni, gli ambienti locali sono fondamentali per la formazione. Non aspettate lo stage.
Osservate e ascoltate più che potete, il mestiere va anche “rubato” a chi lo pratica da tempo. Studiate, leggete, approfondite sempre tutto quello che vi capita per le mani e adattatele alle regole e alle tecniche del linguaggio. Non siate egoisti, il giornalismo è di chi vi legge e di chi vi ascolta. Questa è la base, poi, come sapete, serve la classica buona dose di fortuna.

lunedì 15 giugno 2009

Le interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Stefania Trapani



E' il momento di Stefania Trapani, a Sky Tg24 da molti anni. Giornalista a 360 gradi come potete leggere in questa intervista.


Prima di tutto raccontaci qualcosa di te

La penna in mano a cinque anni. Un concorso per “nani” vinto a sei, con la storia di Michela, la mia bambola dai capelli ricci e rossi. Un po’ Cenerentola, un po’ Alice.
Devo a lei la mia passione, che da allora non mi ha mai abbandonato.
Sono cresciuta tra l’asfalto e la polvere.
A caccia di notizie. Curiosa di tutto e di tutti.
Il praticantato nella redazione del giornale di Caserta, quotidiano anti-camorra odiato da Sandokan, quell’Antonio Schiavone, boss dei casalesi, diventato crudelmente famoso per le lotte di potere a Casal di Principe. Le pattuglie delle forze dell’ordine davanti al portone della redazione. I fax intimidatori. Le lettere e le minacce di sua moglie Giuseppina Nappa, arrestata dopo qualche anno. La cronaca nera. Le inchieste: voti di scambio, aste d’appalti truccate. mala. droga.
E un editore, Maurizio Clemente, che ha creduto in me. Dandomi fiducia.
Sono nata così. Cronista di strada. Ficcanaso per dovere. Sfacciata per necessità.
A volte anche quando il buon senso, inevitabilmente, esorta a spingere sul freno.
Poi, l’arrivo a Roma. Il colloquio con Antonio Marano, allora direttore di Team tv, canale di informazione di Stream. Poi Sky, la grande opportunità. E’ grazie al direttore Emilio Carelli se ora sono membro di questa grande famiglia. Se posso dire con orgoglio e tanta riconoscenza di essere parte di Skytg24. La conduzione, l’adrenalina della diretta. Poi la chance e la sfida più grande: fare l’inviata. Le inchieste sulle morti bianche, il porto di Genova, i no global del Nord Est, gli ultras del calcio italiano, la mala-sanità calabrese, la strage di Erba (finalista al premio Ilaria Alpi 2007). E poi i reportage: sulla diossina in Campania (candidato agli Sky Tv Awards 2008); sull’uranio impoverito impiegato in Kosovo e la morte di militari italiani che hanno svolto missioni nelle zone bombardate. Le primarie, le proteste pacifiste a Vicenza contro la base americana.


Quali dei tanti servizi da te curati rimane ancora fisso nella tua memoria per emozioni suscitate?

Ciò che più amo è raccontare le storie della nostra Italia. In particolare quella sottaciuta, quella che soffre. Quella che stenta per arrivare a fine mese, quella che non ha la forza di reagire. O peggio, quella che tace per paura, ignoranza. Quella che magari tutti conoscono, anche per sentito dire. Ma che nessuno ha mai visto. La televisione in questo senso ha un potere e un merito eccezionale. Le immagini parlano. Così tanto e in maniera così toccante che talvolta le parole neanche servono.
L’emozione più forte? L’inchiesta girata in Campania sul traffico illecito di rifiuti tossici e non. Ho visto discariche abusive a due passi dalle case fumare di notte. Ho respirato veleni che mi hanno bruciato la gola. Toccato con mano quello che gli oncologi napoletani chiamano nesso di causalità tra inquinamento ambientale e l'insorgenza dei tumori e la mortalità per tumori. La Terra Felix deturpata: piramidi di finte eco-balle, montagne di copertoni, tonnellate di vernice gettate tra i cespugli accanto alle piantagioni di pesche, frutta purtroppo contaminata che finisce sulle tavole di tutta l’Italia. Intere famiglie che utilizzano acqua avvelenata, per irrigare i campi, per uso domestico. Bambini ammalati di tumori strani. Donne, puerpere che non possono allattare i propri figli. Ho conosciuto Enzo Cannavacciuolo. Mi ha raccontato la storia di suo padre, pastore di Acerra. Nel suo sangue c’era diossina. Le analisi di un laboratorio canadese hanno provato che la concentrazione era altissima. Suo padre è morto. In pochi mesi. Divorato dal cancro, insieme al suo gregge. Dalle poche pecore ancora rimaste in vita nascono agnellini deformati.


Hai seguito da vicino la vicenda Alitalia. Tanti lavoratori sull’orlo del licenziamento. Quali sono i tuoi ricordi?

Una vertenza lunghissima. Dolorosa. Una vicenda sociale che ha appassionato l'opinione pubblica italiana. E che nel bene o nel male ha segnato un’epoca. La vertenza Alitalia ha avuto effetti molteplici. I più profondi forse sulle parti sociali. Ha spaccato il sindacato: schierando da un lato i confederali, dall’altro il fronte del no dei piloti, spesso e ancora troppo spesso a torto definiti privilegiati. Francamente, se un tempo potevano godere -anche se non tutti- di certi benefit, ora anche per loro i tempi sono cambiati. Un braccio di ferro che ha fatto scendere i lavoratori in piazza, a Montecitorio, sul piede di guerra. Azioni di lotta. Legali. Una società “benefattrice”, la Cai, una cordata di imprenditori nostrani che ha offerto un miliardo "cash", senza accollarsi i debiti. E che ora, a sei mesi dalla nascita della nuova Alitalia, continua a perdere soldi e stenta a raggiungere quel turn around auspicato e necessario per il pareggio di bilancio. Il cosiddetto break even che consentirebbe alla compagnia di bandiera di tirare un sospiro di sollievo. La nuova Alitalia è nata da una vecchia Alitalia quasi defunta, sull’orlo del collasso. Salvata praticamente a un soffio dal baratro. Ora integrata con Airone. Ma il prezzo pagato è stato altissimo. Migliaia di lavoratori in cassa integrazione. Migliaia di precari a casa senza neanche quella. Il momento storico che viviamo certo non ha favorito l'acquisizione della good company e la liquidazione dei bad asset. La crisi ha appesantito un contesto di per sè già difficile.

Hai vissuto negli States per parecchio. Mi citi le differenza maggiori che ci sono secondo te tra noi e loro?

La Florida, la Carolina: poco yankee, tanto sudiste. Rossella O’Hara con il body-board sotto il braccio. Senza i campi di cotone. Tra le dune di sabbia e i tunnel che spariscono sott'acqua attraversando l'oceano. Ho vissuto negli Stati Uniti gli anni più belli della mia adolescenza. Mi sono diplomata in una scuola secondaria a stelle e strisce con una buffa tunica con tanto di fascia e cappello quadrato. Recitando tutte le mattine il Pledge of Allegiance davanti alla bandiera degli Usa con la mano destra sul petto. Giocavo a calcio, "sbucciandomi" le ginocchia a furia di cadere nei sentieri diabolici del cross country. Vivere, studiare e anche lavorare negli Stati Uniti significa trasparenza, immediatezza. Vitalità allo stato puro. Con i dovuti rischi: primo fra tutti, forse, quello di rasentare un senso di vuoto, causa o effetto (dipende dal punto di osservazione) di superficialità. Si bada all'osso, si evitano i fronzoli. Se funziona, si va avanti. Se la ruota non gira, si sostituisce l'ingranaggio.




Oggi si dice che per sfondare in molti settori tipo la tv, il cinema , la musica sia necessaria la bellezza. Questo è stato detto anche del giornalismo. Cosa ne pensi?

Per Platone il bello è il vero. Anche per Aristotele la verità è bellezza. Ragionando così, chi come me racconta la realtà nuda e cruda, con distacco ma con lo zoom, dovrebbe inseguire la perfezione. Purtroppo non è così. Noi viviamo in un'estetica empirista che pone i canoni di bellezza in cima alla piramide dell'armonia.
Non c'è nulla di male nell'essere piacenti e piacevoli. Ma ciò diventa una forzatura, a mio avviso, quando si trasforma in prerogativa indispensabile. Chi sceglie di fare giornalismo televisivo deve avere innanzitutto rispetto per la realtà che osserva e per chi è spettatore dall'altra parte dello schermo. Credo che il decoro e una certa grazia contribuiscano all'insieme di un essere umano, ma la sostanza che fa la differenza non è certo l’esteriorità.


Passiamo a cose “leggere”: come “uccidi” il tempo libero?


Ti prendo alla lettera: mi “uccido” di corsa. La serotonina, la mia droga quotidiana. Mi dà la carica e al tempo stesso mi rilassa. Corro da anni. Ho iniziato per gioco. E non ho mai smesso. Corro a livello amatoriale. Mai agonistico. Anche se amo misurare la mia ambizione nelle maratone. La più emozionante? Quella di NY City. Novembre 2003, il primo anno di Skytg24. 50mila partecipanti. 2 milioni di curiosi e supporter che lungo il percorso ti danno acqua, banane, gel energizzanti. Qualcuno prova anche ad allungarti una birra. I gospel di Brooklyn, il Queen’s Bridge che toglie il fiato, la first Avenue chiusa al traffico. Harlem, Central Park. L’arrivo, la coperta di alluminio per non disperdere il calore corporeo. Ti accasci sul prato. Non senti più le gambe, mentre realizzi solo alla fine che insieme a mezzo mondo hai appena attraversato NY City, da Staten Island a Manhattan, passando per il Bronx. Percorrendo, con le tue sole gambe e in poche ore, più strada di quanto una persona in media ne compie in auto in un giorno intero…..

Un libro, un cd, un film che sono nel tuo cuore.

Libro: Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, anche se l'unica impareggiabile è per me una sola: Virginia Woolf.
Cd: musicalmente sono molto disordinata, amo ascoltare di tutto, di più. Un orecchio tutt'altro che fino, direbbe chi è cultore della buona musica. Mi piacciono Vasco Rossi, Ligabue, De Gregori. E poi i mitici Cure.
Film: tanti tantissimi, come faccio a dirne uno solo. Chiudo gli occhi e cito i primi a cui penso: A Colazione da Tiffany, Quarto Potere di Orson Welles, La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock. E poi i film del principe, Totò. E poi Il Padrino…Taxi Driver.

Infine la domanda più importante: I consigli di Stefania Trapani a chi inizia questa carriera.

Non sono proprio in grado di darne. Solo incoraggiamento, forse. A chi ancora non sa che cosa lo aspetti (naturalmente scherzo). …è come un viaggio in mare aperto…a volte si è costretti a cavalcare le onde di un oceano in burrasca, altre volte a sfruttare sapientemente le correnti, soprattutto quando il vento è flebile. A volte si naviga dolcemente cullati dalla corrente. A volte si veleggia in compagnia dei delfini. Chi a bordo yacth, chi su zattere. Ma alla fine dei conti non importa come. Perché il mare è lo stesso per tutti. Con i suoi misteri, la sua forza, i suoi pericoli, il suo entusiasmo. Si sogna l’approdo: scogli o isole. Ma la meta è un’altra: la terraferma. Si naviga con la lucidità e la consapevolezza che esiste, ma non si ha la certezza di arrivarci. Mai. Un po’ come Ulisse alla ricerca di Itaca. Con la purezza e la spontaneità del Piccolo Principe, pioniere dei cieli. Bisogna crederci, bisogna dare l’anima. Ci vuole dedizione, tantissima. Perseveranza. Umiltà e modestia. E anche un pizzico di fortuna: trovarsi nel posto giusto, nel momento giusto.

Grazie Stefania!


Grazie a te, spero di non averti annoiato..

Assolutamente no..anzi!