venerdì 25 luglio 2008

Le Interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Luigi Casillo


Raccontaci qualcosa di te, chi è Luigi Casillo e come ha iniziato la carriera giornalistica
Sono nato vicino a Napoli 35 anni fa, vivo a Milano da più di 15 anni, sono sposato e ho due figli. La passione per il giornalismo praticamente l’ho sempre avuta. Ricordo che da ragazzino uno dei miei giochi preferiti era simulare la conduzione del telegiornale. Da prestissimo ho iniziato a collaborare con alcuni giornali locali, hobby che ho mantenuto anche dopo essermi trasferito a Milano per studiare alla Bocconi. Mi occupavo per lo più di cultura: recensivo libri e intervistavo scrittori. Un ottimo sistema per avere libri gratis. Finita l’università ho iniziato la carriera da bocconiano in una multinazionale americana. Ma mi sono bastati pochi mesi per capire che non era quella la mia strada. Ho bussato alla porta della Mondadori e dopo molte collaborazioni ho ottenuto un contratto da praticante a Donna Moderna. Negli anni sono poi passato ad altri giornali all’interno del gruppo.

Come sei arrivato a Sky?

Per la voglia di provare la televisione, quindi, in fondo, di assecondare un antico desiderio. Mi sono messo in contatto con Emilio Carelli pochi giorni dopo la sua nomina a direttore di Sky Tg24. L’ho incontrato nel luglio del 2003: arrivavo dal mare, mi sono presentato nel suo ufficio a Roma in pantaloni color aragosta. A quanto pare non si è formalizzato.
Chi sono i tuoi maestri, i tuoi miti?

Il mio mestiere consente ai cittadini di farsi un’opinione, quindi li mette nelle condizioni di essere liberi. Ecco, miei maestri sono quei giornalisti che hanno dimostrato in passato e dimostrano oggi di essere consapevoli del ruolo sociale che hanno e della responsabilità che gli viene richiesta. Non sono molti. I più assecondano solo un istinto narcisistico.

Vorrei chiederti un’opinione su una questione sempre calda: le morti bianche. Quasi ogni giorno uomini che perdono la vita, che lasciano mogli e figli. Appelli di Napolitano e bipartizan. Ma cosa si sta facendo o si dovrebbe fare in pratica per evitare una vera e propria mattanza?
Mi è capitato spesso di raccontare il dramma delle persone che muoiono sui luoghi di lavoro. Ricordo il caso di due cugini egiziani volati da un’impalcatura subito fuori Milano. Erano stati presi a piazzale Lotto la mattina stessa da un caporale e mandati in cantiere. Vorrei che si riflettesse sul fatto che dietro i lavoratori che muoiono molte volte ci sono imprenditori che vogliono risparmiare sui costi. Bisognerebbe aumentare i controlli, certo. Ma anche chiedere che cambi la mentalità: deve aumentare la consapevolezza del valore etico e sociale di ciò che facciamo. Tutti. Nel nostro Paese, in questo periodo, avverto un deficit di responsabilità.

È partita senza esclusione di colpi la campagna elettorale Usa. Obama è favorito ma sappiamo bene che i sondaggi lasciano il tempo che trovano e ci sono ancora più di tre mesi al voto. Vorrei una tua opinione sui canditati e un tuo pronostico.

Spero che vinca Obama. Sarebbe un buon segnale. Ma su di lui non mi faccio particolari illusioni: la politica è politica dappertutto.

Qual è ad oggi il servizio che hai fatto che più ti è rimasto dentro?
Ne cito due. L’intervista al Dalai Lama, che ho incontrato qualche settimana dopo l’uccisione dei monaci buddisti che protestavano in Birmania. Le sue parole testimoniavano un autentico dramma ma con una leggerezza incredibile. Durante il suo viaggio in Europa quasi nessun capo di Stato o di governo lo aveva ricevuto per non inimicarsi la Cina ma il suo sdegno era filtrato attraverso un’ironia che lo metteva a parecchi metri sopra le nostre povere teste. Poi cito l’incontro in Sudafrica con i ragazzi delle associazioni anti Aids: ogni giorno si ingegnano per far capire ai loro coetanei neri quanto sia pericoloso il virus. Sembra una banalità ma è un’impresa.

Obiettivi professionali per il futuro ?

Nel mio piccolo in questo mestiere ho fatto un po’ di tutto. Ho scritto articoli e ho chiuso pagine, ho coordinato e sono stato coordinato, ho condotto programmi e fatto interviste, ho lavorato nell’ufficio centrale e sono stato corrispondente. Mi manca l’esperienza del quotidiano, anche se c’è mancato poco, qualche tempo fa, al Sole 24Ore. Il lavoro fino a sera tardi, tuttavia, è poco compatibile con quello di padre: al momento lo escludo. Ultimamente ho iniziato a pensare a come potrebbe essere la mia vita in un ipotetico futuro da non giornalista.

Come passi il tempo libero? I tuoi hobbies principali?

Amo coltivare piante. Ne ho molte più di quante il mio cortile milanese potrebbe ospitarne ma non riesco a trattenermi. Per il resto leggo, guardo film, gioco con i miei figli e faccio sport.

Quali sono le tue letture preferite? E ti piacerebbe scrivere un libro in un prossimo futuro?
In questi giorni sto leggendo l’ultimo libro dello scrittore israeliano Amos Oz. In genere mi piace il mio conterraneo Erri De Luca. Anche grazie a mia moglie, lettrice accanita molto più di me, negli ultimi mesi mi sono imbattuto in una serie di giovani scrittori molto interessanti. Trovo sia un buon periodo per la narrativa. Pubblicare un libro? Per carità: con tutti i giornalisti scrittori che ci sono passerei inosservato. Piuttosto mi piacerebbe scrivere un film.

Ultima domanda che faccio a tutti voi: Cosa si sente di dire Luigi Casillo ai giovanissimi che vogliono fare i giornalisti?

Avere innanzitutto un minimo di onestà: non tutti sono fatti per questo mestiere. E poi infinita pazienza. Detto ciò, se si è capaci di riconoscere i treni che passano e si ha un minimo di fortuna, prima o poi si raggiunge la meta.

martedì 22 luglio 2008

Le Interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Davide D'Antoni

Davide D'Antoni, giornalista part time(per ora!) di Sky Tg24 nella sede di Milano. Oggi la nostra chiacchierata è con lui.
Raccontaci qualcosa di te e dei tuoi inizi nel mondo del giornalismo

Ho programmato i miei studi per diventare giornalista, il mio sogno fin da bambino (banale, ma vero!). Sono stato l’unico al liceo a Trapani a presentarmi all’esame di Stato con 3 materie (essendo una schiappa in Fisica e Matematica dovevo recuperare il gap), perché sapevo che il voto di maturità era uno dei criteri di accesso alla facoltà romana di Scienze della Comunicazione, che all’epoca era a numero chiuso (bei tempi!). Superato questo scoglio ho seguito con particolare interesse il corso di Giuseppe Mazzei, ex vicedirettore del Tg1. “Chi improvvisa banalizza”, a ragione ripeteva. Tanta teoria all’università e tanta pratica (corsi di scrittura e coaching video) alla scuola di giornalismo dell’università Cattolica di Milano.

Quando sei arrivato a Sky Tg24 e quale ruolo vi ricopri?

Alla “Prima” della Scala dell’anno scorso (rappresentazione Tristano e Isotta) Luigi Casillo, il boss della redazione milanese di Sky Tg24, mi chiede se volessi entrare a far parte della squadra. Non dimenticherò mai le sue parole. Poi il colloquio con il direttore Emilio Carelli, infine primo giorno di lavoro a Bergamo a seguire un comizio della Lega Nord. Adesso sono in part time (il sabato e la domenica). Dal lunedì al venerdì invece lavoro a Telelombardia (dove sono assunto da tre anni) e con Stefania Cioce e Maria Luce Margaroli faccio parte del team di “Prima Serata”, il “Ballarò” in salsa lombarda…

Quali sono i giornalisti ai quali ti ispiri maggiormente?

Il giornalista non è un politico. Non deve per forza iscriversi a una corrente per fare carriera o ispirarsi a uno statista o a una ideologia per attingere idee e visioni. Stimo per le loro inchieste e la loro cura nella scrittura per immagini Maria Grazia Mazzola e Sigfrido Ranucci della Rai. Leggo sempre le analisi lucide e rigorose di Sergio Romano e Vittorio Zucconi. Fra i più giovani, trovo innovativa e vivace la scrittura di Andrea Galli del Corriere della Sera. Nella conduzione, unica Lilli Gruber…peccato abbia cambiato mestiere!




Cercando su internet sono venuto a sapere che hai ricevuto dei riconoscimenti per il tuo lavoro. Cosa significano per te questi premi?

I premi sono uno stimolo, un modo per fare meglio. Ringrazio tutti gli operatori di ripresa e i montatori con i quali ho lavorato. Le targhe le ritirano i giornalisti, ma i lavori premiati sono frutto di almeno quattro persone (senza dimenticare il “capo” che autorizza e spesso revisiona il prodotto finale). Il premio più bello, il “bravo” dei miei familiari.

Sei chiamato spesso a fare servizi sul campo. Quali fino ad oggi quelli fissi nella tua memoria?

Inchiesta sulla pedofilia. Nello stesso giorno avevo fissato due interviste: la mattina con 17 pedofili rinchiusi nel carcere di Bollate. Il pomeriggio con il papà di una loro vittima… La sera ero distrutto. La notte non riuscivo a prender sonno: pensavo alla sofferenza di tutte quelle persone

Sei a Milano, città che ospiterà l’Expo 2015. Quali i cambiamenti che la città avrà e quanto importante quest’opportunità sarà?

Milano è la città più meritocratica d’Italia. Per questo l’ho scelta fra tante. Spero l’Expo possa essere la culla dove far crescere nuovi talenti, nell’architettura, nell’impresa, nell’arte…e perché no, anche nel giornalismo!

Il 2008 potrebbe vedere un nero alla presidenza degli Stati Uniti d’America: Barack Obama. Sarebbe un segnale di cambiamento importante per un paese che vive ancora di forti contraddizioni. Che ne pensi?

La razza che veicola le scelte degli elettori? Che orrore!! Barack Obama deve dimostrare di avere le capacità per essere eletto e scelto dagli americani. In questo periodo così difficile per l’economia credo gli Stati Uniti abbiano bisogno della competenza e dell’esperienza di John Mac Cain. Da sempre ragiono controcorrente. Non mi piacciono le mode e credo Obama sia solo un loro parto.

Quali sono i tuoi obiettivi professionali per il futuro? Il tuo sogno nel cassetto?

Dare sempre il massimo e cercare nuovi modi – più digeribili per i telespettatori e più efficaci nella narrazione – di scrivere per immagini. Credo il giornalismo televisivo sia ancora un territorio in parte inesplorato. Facilmente - purtroppo - nel nostro lavoro ci si piega al conformismo.
Per quanto riguarda i progetti più vicini, sto lavorando a un’inchiesta sulle infiltrazioni della n’drangheta nel tessuto economico della Lombardia. Spero inoltre di avere lo spazio per dimostrare l’arricchimento (lecito??) delle Banche sui tassi d’interesse (oggi tutti scelgono il fisso, regalando in anticipo una montagna di soldi alle banche quando i tassi un domani scenderanno, così come è nella natura delle cose).

Come passi il tempo libero?

Lavoro 7 giorni su 7. Ad averlo il tempo libero!!
Il poco tempo libero che mi rimane lo trascorro in modo semplice, incontrando gli amici, leggendo, scrivendo racconti e poesie, guardando il tennis in tv (forza Federer!). Mi rilassa cucinare per gli amici nel piccolo monolocale che ho da poco acquistato. Quando non sono stanco vado in piscina e impugno la racchetta da tennis. A ping pong non mi batte nessuno!

Se un giovane maturando venisse da te e ti chiedesse consigli sul mestiere di giornalista, cosa ti sentiresti di dirgli?

Gli risponderei di “farsi il culo”. Solo i raccomandati hanno la porta aperta e il tappeto rosso steso. Ma con il loro lavoro non si riempiono le pagine dei giornali e i telegiornali non andrebbero nemmeno in onda. Dunque, consiglierei di partire dal basso, collaborando – anche gratis all’inizio (chi non ha fatto uno stage alzi la mano?) – con un piccolo quotidiano o una tv locale. Nel mentre, con umiltà consiglierei di osservare e studiare il lavoro degli altri colleghi. Infine guardare i telegiornali esteri. Alcuni, come quello della tv belga RTBF, sono davvero ben confezionati.
Ultima cosa: un pensiero su questo blog?
Prima che mi contattassi non sapevo dell’esistenza di questo blog. Adesso l’ho inserito fra i miei Preferiti perché anche io come te sono un SkyTg 24-dipendente. Ti auguro in bocca al lupo, Simone.

Grazie a te Davide per la gentile cortesia

sabato 19 luglio 2008

Le interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Renato Coen


E' il corrispondente da Gerusalemme per Sky Tg24. Renato Coen ci regala una bella chiacchierata con spunti molto, molto interessanti.

Raccontaci qualcosa di te, una breve bio e i tuoi inizi nel giornalismo

Sono romano, nato e vissuto a Roma, nel quartiere della Garbatella. Fin da bambino volevo essere giornalista, facevo finta di esserlo, mio nonno mi aveva comprato una valigetta con dentro taccuino, finti accrediti, penne, tutti strumenti del mestiere, avevo 6 anni e mi prendevo molto più sul serio di adesso. Allora mi credevo veramente un giornalista, ora non so… diciamo che mi pagano per questo.
Gli inizi sono stati molto difficili, il giornale del quartiere, poi di Roma sud, poi una piccola agenzia di stampa, poi sostituzioni in testate più importanti, più si allungava il Curriculum più perdevo le speranze di ottenere un vero contratto. Ho fatto qualche esperienza all’estero, in America, ma era difficile avere un contratto che mi permettesse di vivere, entrare ufficialmente nella “categoria”, termine che odio! Nel frattempo ho fatto anche altri lavori e per un periodo avevo abbandonato le speranze ed ero entrato in una casa editrice.

L’approdo a Sky Tg24 come è avvenuto e come ti trovi in questa redazione?

Un giorno mentre lavoravo in una radio, Radio città futura, dove si guadagnava quasi nulla ma era un piacere lavorare, mi chiama un’amica che era entrata a sky. Mi dice che cercavano ragazzi che scrivevano il rullo di notizie che scorre in basso allo schermo. Certo, non era il massimo come prospettiva, ma offrivano un contratto vero ed ho pensato potesse essere un’occasione. Non mi sbagliavo. Ho mandato un cv, ho fatto un colloquio e sono entrato per fare quello. E’ stata una grandissima fortuna, ho scoperto una redazione dinamica, vivace, umile, ed ho avuto la possibilità col tempo e con l’impegno di fare cose che non avrei neanche sognato. Il merito, e non lo dico per piaggeria, è sicuramente anche del direttore Carelli, e del suo vice Santovincenzo, le occasioni e le possibilità che mi hanno dato non me le sarei date neanche io….

Da bambino pensavi già al mondo delle notizie?

Si come ti ho detto, non so perché ho sempre seguito le notizie e sognato di darle io. In particolare mi ricordo di un giorno. Avevo 16 anni, era il 9 novembre 1989. Mia madre mi sveglia e mi dice: Su alzati vai a scuola che è tardi, è anche caduto il muro di Berlino. Io non ci posso credere. Quel giorno avevo una terribile interrogazione di greco. Penso: ma ti pare a te che cade il muro di Berlino e io devo stare a pensare all’interrogazione di greco? Da grande voglio fare un lavoro per il quale, se avviene qualcosa di simile, quello influenza il mio impegno della giornata. E quindi ora sono qui…..a sperare che nulla accada per lavorare meno……!

Hai dei punti di riferimento, non so..un mito nel mondo del giornalismo?

Le corrispondente di Robert Fisk dal Medioriente mi piacciono molto, lui ora scrive per l’indipendent. Da bambino ammiravo da morire Andrea Barbato, il suo modo di parlare, di spiegare, di porre domande. E poi devo dire che in Israele ho scoperto non solo ottimi giornalisti, ma una stampa veramente libera e coraggiosa, molto più di quella italiana. Qui i politici hanno paura dei giornalisti, anche i più potenti. In Italia invece spessissimo un giornalista che fa una domanda scomoda si sente in dovere di precederla con una frase del tipo “mi scusi, ma faccio l’avvocato del diavolo” oppure “Alcuni le obbietterebbero che….”, non ha il coraggio di mettersi in gioco, ha paura del potere, paura di essere accusato di essere un”comunista” o un “fascista” o un berlusconiano, ecc ecc. etichette su etichette.

Sei corrispondente da Gerusalemme, città delle tre religioni monoteiste. Convivono bene?

L’argomento è complesso per una intervita simile, posso dire questo: a Gerusalemme esiste una normalità della vita quotidiana che neanche ci si immagina. La gente ha problemi simili a quelli di ogni altra grande metropoli e necessariamente interagisce. D’altra parte è la città dove più al mondo i problemi più banali e quotidiani si complicano per l’enorme valore che ogni pietra, ogni gesto, ogni comportamento assumono in un luogo considerato santo da così tanta gente. Ma se ci si vuole capire qualcosa bisogna venirci e passarci del tempo spogliandosi tutti i pregiudizi che si hanno, politici o religiosi che siano.

Hai scritto un libro in collaborazione con Federica De Sanctis titolato appunto “Gerusalemme”. Di cosa tratta, di questo?

Sì, anche. Diciamo che abbiamo cercato di raccontare la normalità della città ed i problemi principali che quotidianamente devono risolvere i suoi abitanti. E’ un po’ una guida, un po’ una serie di storie, un po’ un racconto unico che vuole spiegare cosa vuole dire Gerusalemme, cosa significa viverci e percorrerne le strade. In Italia i libri pubblicati su questa città parlano solo o di religione, o di storia, o di guerra. Noi parliamo di vita di tutti i giorni e di uomini e donne, ovviamente è inevitabile che per far questo trattiamo anche argomenti, religiosi, storici o inerenti il conflitto.

Ecco a proposito di questo, possiamo dire che in Israele i drammi non mancano mai: Palestinesi contro Israeliani. Ci puoi dire in breve per i nostri lettori com’è ad oggi la situazione?

C’è uno Stato: Israele, che si sviluppa, cresce, è dinamico, vivace, democratico, ma ha una gran paura di sparire perché circondato da circa un miliardo di arabi intorno.
C’è un non-Stato: la Palestina, che è immobile, paralizzato dall’occupazione israeliana, dalla corruzione, dalle faide interne e dalla pioggia di aiuti internazionali che mortificano le iniziative invece di incoraggiarle, viziano gli amministratori ed alimentano la corruzione, e chi ci vive ha una vita mortificata e resa difficile dalle difficoltà di spostamento causate dagli israeliani che costruiscono muri e check point per proteggere i propri civili dal terrorismo.
Il risultato è che Israele ha paura di concedere territori e vera indipendenza perché quando lo ha fatto (come a Gaza) ha ricevuto in cambio razzi sulle proprie città. E i palestinesi si convincono sempre di più che Israele non si ritirerà mai dai loro territori e quindi molti scelgono la violenza o l’estremismo, alimentando la paura israeliana!
C’è una sfiducia reciproca che si autoalimenta. Non ci sono a mio avviso buoni e cattivi (come pensano in molti). Nel privato tutti vogliono vivere tranquilli, in pace, liberi specialmente, e sazi. Il problema è che i due popoli, più va avanti il tempo più credono che il benessere dell’uno implichi necessariamente la fine o la sottomissione dell’altro. Israele teme di essere sommerso prima dai palestinesi e poi dal mondo arabo. I palestinesi dicono di essere oggettivamente sotto il giogo del potente stato d’Israele. Entrambi pur troppo hanno molte ragioni. Parlare di pace in maniera astratta o semplicistica, come sento fare spesso in Europa, mi sembra stupido e poco realistico. E’ un processo complesso, in molti sono pessimisti, ed io fra questi.

L’arcivescovo emerito di Milano, Carlo Maria Martini spesso afferma quanto importante sia per un cristiano andare almeno una volta a visitare la città santa. Confermi anche tu?

Il cardinale Martini è una delle persone che più hanno contribuito ad arricchire il nostro libro. In un lungo colloquio avuto con lui ha mostrato di aver capito tantissimo di Gerusalemme, ed una delle cose principali è stata l’umiltà di dire di non capire. Certo confermo, ma mi permetto di aggiungere che andare almeno una volta a Gerusalemme è importante non per un cristiano ma per un uomo di qualsiasi credo. Potrà rendersi conto dei danni e delle meraviglie di cui sono capaci gli uomini e le loro religioni.

Quanto tempo passi in Israele ora e quanto in Italia?

Beh io, come sai, per lavoro vivo qui a Gerusalemme. Vado in Italia, a Roma, circa ogni tre mesi, per qualche giorno. Ma di base sono qui.

I continui attacchi del presidente iraniano Ahmadinejad contro lo stato ebraico come vengono vissuti dalla popolazione?

Israele è stato fondato anche da molti scampati alla shoà che ancora ricordano lo scetticismo con cui in europa si guardava al pericolo nazista. Sappiamo tutti come è andata a finire. In Israele Ahmadinejad preoccupa, e molto. E nel paese c’è una sfiducia atavica nella capacità coercitiva e di convincimento della comunità internazionale. In molti pensano che serva un attacco militare per impedire che l’Iran si doti di una bomba atomica. Io temo che un attacco invece sarebbe il vero disastro. Comunque l’Iran ora per gli israeliani è Il problema, non un problema.

Hai mai avuto paura in quei luoghi?

A volte capita di avere paura, certo. L’importante è che la paura non sia paralizzante e consenta comunque di fare il proprio lavoro, un po’ di paura comunque aiuta ad individuare meglio i pericoli. Capita a tutti di rischiare, non solo a chi vive e lavora qui, no?

Parliamo un po’ di cosa leggere..a volte se ne sente davvero bisogno: Come passi il tempo libero?
Il mio tempo libero lo passo pensando a quale libro leggere, invece che a leggere! Scherzo, ma c’è un fondo di verità. Sul mio comodino ho due pile di libri. Una è di testi di saggistica sul medio oriente, libri interessanti per chi fa il mio lavoro, si scoprono sempre cose nuovissime. Spessissimo però ho bisogno di letteratura vera, e quindi passo all’altra pila dove ora ci sono un libretto di Philip Roth molto famoso. “Everyman” ed uno di Murakami Aruki, uno scrittore giapponese di grande successo anche in Italia.

Obiettivi professionali e non per il tuo futuro?

Di obiettivi professionali chiari non ne ho. Mi sento talmente fortunato rispetto alle mie aspettative che posso permettermi il lusso di guardare serenamente e senza ansie a ciò che arriverà. Gli obbiettivi non professionali sono talmente privati che devo ancora spiegarli a me stesso. Per rimanere sul leggero posso dire che mi piacerebbe tornare a vedere la Lazio vincere, chissà magari prima di diventare vecchio….

Cosa deve avere un giovane secondo te, per diventare un buon giornalista?

Deve essere curioso, credo. E non vergognarsi di esserlo. Curioso sinceramente, dal di dentro, curioso di capire un avvenimento, di scavare nel passato proprio e del proprio mondo, di indagare su piccoli particolari di persone che si vede passare davanti, deve studiare, disordinatamente anche, ma animato da passione per ciò che legge, deve avere voglia d’informarsi, non sentirne il dovere. Si troverà ad essere una persona sia preparata sia abbastanza umile da capire di non essere mai sufficientemente “esperto” di qualcosa, e sono cose che potranno tornargli molto utili.

Ultima domanda: Cosa pensa Renato Coen di questo blog?

Sinceramente? L’ho scoperto dopo che mi hai fatto questa domanda! Sai qui da lontano nessuno m’informa. Ebbene lo trovo ben fatto. Mi sono letto tutte le interviste dei miei colleghi, ho saputo anche io più cose su di loro e ti assicuro che da tutti cerco continuamente di rubare, d’imparare, di capire cosa leggono, come hanno iniziato la carriera, e scopro gente veramente in gamba. Bravo e bravi.

Grazie Renato e buon lavoro!

lunedì 14 luglio 2008

Le interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Andrea Bonini

Oggi conosciamo meglio un volto forse meno noto di Sky Tg24 ma di grande bravura. Andrea Bonini, 34 anni di Reggio Emilia.
I tuoi inizi nel mondo del giornalismo?

Beh gli inizi sono stati un pó rocamboleschi. Ero molto giovane, non avevo ancora 18 anni. La voglia di fare televisione era tanta cosí come gli ostacoli per cominciare. Bussai alle porte delle uniche due televisioni locali della mia cittá, Reggio Emilia, ma le risposte furono negative. “Troppo giovane, organico al completo, rivediamoci piú avanti”, insomma, le solite risposte da copione. A quel punto pensai di by passare il problema. Invece che la redazione scelsi la via dell’ufficio commerciale e chiesi di poter acquistare uno spazio settimanale e autoprodurmi. Mi guardarono stupito e mi buttarono sul piatto la cifra: 500 .000 di vecchie lire a settimana. Incosciamente dissi si. Un mio caro amico, che divenne poi il cameramen del programma, firmó il contratto per conto mio, e insieme iniziammo a raccogliere la pubblicitá. Il vero porta a porta. Dal macellaio, il profumiere, il negozietto sotto casa. Un mese dopo eravamo in onda. La trasmissione, un contenitore dedicato al volley, cominció a funzionare. Due anni dopo mi proposero l’assunzione sul TG. Iniziai cosí. Eravamo in tre per sei edizioni al giorno. Facevi di tutto. Servizi, conduzioni, segreteria. E con quella televisione sono cresciuto. Da piccola tv locale l’emittente acquisí altre reti e divenne una delle piú importanti tv regionali dell’Emilia Romagna. Ci terrei a dire il nome se si puó ... Sto parlando del gruppo E’ TV.

Come sei approdato nella grande famiglia di SkyTg24?

A Sky sono arrivato grazie ad una lettera di 3 pagine. Una cosa indescrivibile. Qualcosa di piú simile ad un romanzo che non ad una presentazione. All’epoca lavoravo a Bologna. Chiesi alla mia segreteria di redazione di attivarsi con Sky per recuperare i riferimenti per mettersi in contatto con la direzione. Stupidamente pensavo che se l’avessi semplicemente spedita all’indirizzo ufficiale non sarebbe mai giunta a destinazione. In realtá mi diedero proprio gli stessi riferimenti che trovavi anche sull’elenco telefonico. Senza alcuna speranza ho spedito la lettera. Era davvero un racconto. Oggi mi vergogno un pó se ci ripenso. Parlavo delle mie esperienze professionali ma anche della mia vita. Parlavo di sogni, ambizioni, desideri. Il direttore la lesse e mi chiamo per un colloquio a milano. Eravamo a metá estate 2003, un martedí all’ora di pranzo. In sala d’attesa quel giorno c’eravamo io e Paolo Fratter che ancora non conoscevo. Feci il colloquio. Il giorno dopo Carelli mi chiamó e mi disse che da li ad una settimana avrei cominciato. Sembrava impossibile, ma era successo. Iniziai come corrispondente dall’Emilia Romagna.

Racconti giornalmente molti fatti di diversa natura. Com’è il tuo approccio?
Bah, io penso di essere abbastanza “elementare” da un punto di vista procedurale. Raccolgo e scrivo le informazioni cercando di descrivere anche cosa c’era prima del fatto e cosa rischia di esserci dopo. Mi lascio attrarre molto anche dalle emozioni dei protagonisti. Secondo me sono spesso la cartina di tornasole delle veritá ufficiali.




IVorrei avere un tuo parere su il “Lodo Alfano” che prevede l’immunità per le 4 più alte cariche dello stato. Sembra di tornare indietro…

Ti rispondo senza risponderti anche perché ritengo che di come la penso io interessi a ben pochi. Molto spesso peró la sostanza sia della proposta che della protesta é deviata dalla forma e dal momento. C’e’ modo e modo di fare. Ci sono tempi e tempi per fare. In Italia si fa perché si vuole fare e si protesta perché si vuole protestare. Poco importa se l’azione sembra essere funzionale solo a risolvere il problema contingente di qualcuno, e se la protesta si dimentica che nel DNA di quella proposta c’é anche del suo, o di qualcuno dei suoi. Alla fine ti ho risposto ...

Un buon Tg deve dare spazio a tutto in modo equo con interesse maggiore verso i fatti importanti, ma non pensi che nei media nazionali ci sia troppo gossip e spettacolo?

Ti sei giá risposto. Serve equilibrio. In alcuni casi c’e’, in altri un pó meno. Il punto critico peró secondo me é nel concetto di importanza. Cosa é piú importante ? Il palazzo o la bottega ? Spesso si tende per il primo, d’ufficio e d’abitudine ...

Di Pietro, Grillo e altri hanno parlato in questi giorni di Governo P2 e di emergenza democratica. Cosa c’è di vero secondo Andrea Bonini?

Personalmente sono allergico a tutte le citazioni su un passato che si ripresenterebbe tale e quale. Non ci credo per natura. Il passato é un ricordo, il presente é una mediazione a cui partecipano in tanti. Emergenza poi é una parola che si usa molto in tutti gli ambiti. Quasi “fashion”di questi tempi. Poter urlare il proprio dissenso in piazza e in tv penso sia una garanzia vera, da non diluire in uno slogan.

Sei giovane come la maggior parte dei tuoi colleghi di Sky ma di servizi ne hai fatti moltissimi. Quali i più complicati e emozionanti sino ad ora?

Beh ... Se ti dicessi tutti allo stesso modo mentirei. Il capitolo professionale che ricordo con piú emozione é il crac Parmalat. La mia prima grande storia da raccontare. Per me sta sopra a tutto. Bellissima anche l’esperienza negli Stati Uniti ma nulla in confronto alla responsabilitá e all’adrenalina di Parma. Li anche il servizio piú complicato. Il suicidio di un manager Parmalat solo per la vergogna e la paura di poter essere un giorno coinvolto in quella vicenda. Fu uno spartiacque. Fino a quel momento si raccontava del crac quasi come una sorta di Dinasty all’italiana. Da quel momento ci si rese conto che i viaggi di Tanzi, il suo aereo privato, il veliero ed il fascino del misterioso tesoro alle cayman erano sciocchezze rispetto al dramma delle persone che facevano da sfondo alla storia. Ho provato a renderle meno sfumate, a tirarle sú . Purtroppo peró non sono convinto di esserci riuscito fino in fondo.

Nel futuro professionale e non cosa vorresti avere?

Niente di piú e niente di meno di ció che ho giá. Se potessi esprimere un desiderio vorrei invece diventare presto zio. Spero che mia sorella legga questa intervista ...

Sei molto legato alla tua terra, l’Emilia. Ce ne parli un po’? Andare via è stato duro?

Mamma mia. Quanto é stato duro. Quanto é duro. Amo la mia terra piú di ogni altra cosa. Non c’é New York o Parigi che tenga. Reggio Emilia é e sará sempre il mio luogo dei sogni. Non c’e’ un angolo di quella cittá che non mi appartenga per un qualche motivo. L’Emilia poi ... Io penso di amare cosí tanto l’Emilia perché amo cosí tanto gli emiliani. La fisicitá che esprimono nelle relazioni. Quell’amicizia per la quale non ci si accontenta di un sms o di un pensiero ma si fanno i salti mortali per vivervela toccandola. La difesa di quell’equilibrio tra vita e lavoro, sacrificio e divertimento. Devono esserci sempre entrambi. Per me sono valori irriunciabili.

Quali sono i tuoi hobbies?Il tuo tempo libero come lo passi?

Il mio tempo libero lo passo correndo dai miei amici e dalla mia famiglia. Non c’e niente di piú appagante di una serata con loro. Ho perso da poco mio padre per cui questo bisogno é diventato ancora piú assillante.

Vorresti scrivere un libro un giorno?

Magari. Sarebbe bello. Ma non penso possa succedere a breve. Per me 34 anni sono pochi... Ho bisogno di piú esperienze per poter eventualmente tentare di scrivere qualcosa di interessante. .

Infine, cosa consigli ai giovani che si avvicinano al tuo mestiere?

Di non confondere il brivido della professione con il prestigio della testata. Sará perché amo molto la televisione locale, ma in troppi pensano che fare giornalismo sul territorio sia un gradino piú in basso che farlo da Roma. Secondo me non é cosí. La differenza la fa la storia. Non la redazione.

venerdì 11 luglio 2008

Le interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Piero Ancona

E' oggi è il turno di Piero Ancona, bravissimo giornalista pugliese.

Raccontaci qualcosa di te e dei tuoi inizi nel mondo mondo del giornalismo

“Ho deciso di diventare giornalista quando ero ancora un ragazzino. Merito di una professoressa delle medie che dedicava un’ora alla settimana alla lettura dei quotidiani. Il sogno si sarebbe materializzato molto più tardi, grazie a una serie di coincidenze spesso pazzesche che non sto qui a raccontare. Mi limito a ricordare le prime esperienze al quotidiano Puglia, la palestra del giornalismo barese diretta dal grande Mario Gismondi, l’avventura, avvincente ma poco fortunata, con La Città, le mille collaborazioni, sempre per la carta stampata, e infine l’incontro, casuale, con quel mostro chiamato Televisione, e i quasi dieci anni trascorsi a Telenorba, la più grande tv locale italiana. Bilancio: pochi soldi, enormi sacrifici, ma tanta, tanta (salutare) gavetta.

L’approdo a Sky tg24 come è avvenuto e come è questo mondo ?

“Se sono a Skytg24, buona parte del merito (o della colpa, a seconda dei punti di vista) è del grande Franco Ferraro, uno dei nostri caporedattori. Ci conosciamo dai tempi in cui lui era a Stream e io a Telenorba. Fu proprio chiacchierando con Franco, nella primavera del 2003, che venni a sapere del progetto di Sky. Io era alla ricerca di qualcosa di nuovo, e quindi decisi di inviare il classico curriculum. Dopo qualche settimana, fui convocato a Roma, per un colloquio, da Emilio Carelli. Per essere uno che veniva dalle locali, avevo maturato tanta esperienza, anche all’estero, e credo che questo abbia influito sulla decisione del direttore di affidarmi la sede di Bari. E a questo proposito c’è un aneddoto che mi piace ricordare. Emilio Carelli mi disse che poteva propormi “soltanto” un contratto da Redattore: non ci pensai un attimo, dalle mie parti, purtroppo, il contratto spesso è un sogno che si rincorre, invano, per tutta la vita. La serietà del progetto, dunque, in un mondo come il nostro, pieno di illusioni e illusionisti, mi ha subito convinto. E poi quell’entusiasmo, assolutamente contagioso, che aleggiava negli studi di via Salaria nei giorni in cui stava per venire alla luce il primo canale all-news italiano. Certo, è stata dura, in alcuni momenti durissima, ma con grande soddisfazione posso dire che oggi, tutti quei colleghi che cinque anni fa mi presero per pazzo, hanno decisamente cambiato idea”.

Sei corrispondente dalla Puglia che è anche la tua regione. Sei legato alla tua terra?

“Assolutamente si. E sono fiero di poter raccontare la mia regione, con i suoi vizi e le sue virtù, ai telespettatori di Skytg24. Ciò non significa, però, che in futuro le cose non possano cambiare, anche radicalmente, e che possa ritrovarmi, magari, a lavorare all’estero. Credo molto nel destino, e la vita mi ha insegnato a non interrogarlo. Di sicuro, comunque, i legami con la mia terra resteranno indissolubili, in ogni caso.

Tra i fatti che hai raccontato quali sono quelli che ti sono rimasti più impressi?

“La lista, per fortuna, è lunga. Intanto, e non finirò mai di ringraziare Emilio Carelli per questo, ho potuto lavorare tantissimo all’estero. Il secondo anniversario dell’11 Settembre (prima trasferta in assoluto all’estero di un giornalista di Skytg24, un grande onore), lo tsunami nello Sri Lanka, l’elezione di Mahmood Ahmadinejad a presidente dell’Iran e l’Indipendenza del Kosovo, sono state esperienze straordinarie. Ma al tempo stesso è impossibile dimenticare i giorni trascorsi a Rimini per la morte di Pantani, l’insurrezione di Scanzano Jonico contro il deposito delle scorie nucleari, l’attesa, a Sammichele di Bari, per le sorti di uno dei contractors italiani rapiti in Iraq, le dirette al Circo Massimo per la morte di Papa Wojtyla e poi le tristissime vicende di Giusy Potenza, la ragazzina uccisa a Manfredonia da uno zio nel 2004, e di Ciccio e Tore, i fratellini di Gravina in Puglia. Se mi chiedi però di ricordare la storia che più mi ha segnato, devo ritornare, con la memoria, al novembre del 2002, al terremoto di San Giuliano di Puglia. Ad un giornalista, solitamente, viene chiesto di tenere a freno le emozioni, ma ai funerali di quei poveri bambini, piangevamo tutti, anche i colleghi più esperti”.

I problemi della Puglia di oggi e le sue potenzialità. Quali sono?

“Credo che questa sia una regione con potenzialità “settentrionali”, frenata, tuttavia, dai tipici vizi “meridionali”. Un tempo, come succede altrove, si poteva dare tutta la colpa alla criminalità organizzata, ma ora che almeno qui è stata ridimensionata, va cercato un altro responsabile. Io un’idea ce l’avrei, ma ci vorrebbe un’intervista dedicata interamente all’argomento, e non mi sembra il caso”.

Se non fossi diventato giornalista, cosa avresti voluto fare?

“Confesso di non averci mai pensato. Faccio il lavoro che ho sempre sognato. E basta questo a farmi sentire un privilegiato”.

Nel 1999 hai vinto il premio Saint Vincent e quello di Cronista dell’anno. Vuoi parlarcene?

“Parliamo di anni in cui i Balcani erano diventati il centro del mondo dell’informazione, e io, anche per vicinanza geografica, li bazzicavo con assiduità. Un giorno, mentre ero a Tirana, in procinto di partire per il Kosovo sconvolto dalla guerra, una mia fonte albanese mi segnalò che nel porto di Durazzo c’era qualcosa di interessante da filmare. Quando vi arrivai, quasi non credevo ai miei occhi: decine e decine di container della Protezione Civile Italiana, saccheggiati dal primo all’ultimo, giacevano lì abbandonati, senza che nessuno se ne curasse. In quei container, prima dell’assalto, c’erano cibo e generi di prima necessità che gli italiani, con la solita straordinaria sensibilità, avevano raccolto e affidato alla Protezione Civile affinchè venissero poi consegnati ai kosovari in fuga dalla pulizia etnica di Milosevic. Oltre a filmare i container aperti e svuotati, riuscii anche a documentare dove fosse finita buona parte del bottino: nei mercati di Durazzo gestiti dalla malavita e in un deposito della polizia albanese. Quanto invece alla protezione civile, il suo ufficio nel porto era chiuso da un pezzo. La messa in onda del servizio, sei minuti di immagini-documento, provocò un vero putiferio, alimentando le polemiche sullo scandalo della Missione Arcobaleno, con ripercussioni anche in Albania, dove alcuni poliziotti vennero arrestati. Quindi arrivò il sigillo di due tra i più prestigiosi premi del giornalismo italiano: il Saint Vincent e il Premio Cronista dell’Anno. Per me, almeno fino a questo momento, è stato lo scoop della vita. C’è gente, qui a Bari, che ancora mi ricorda quel servizio, e qualche volta mi chiedo cosa sarebbe successo se a mandarlo in onda non fosse stata una tv locale”.

Spero tu abbia del tempo libero anche se ti vediamo quasi quotidianamente su Sky.
Quali sono i tuoi hobbies?

“Il mio tempo libero è proprietà privata di mia moglie Vittoria, ed è giusto che sia così. Se finora ho parlato dei pregi di Skytg24, lei potrebbe tranquillamente raccontarvene i difetti. Non è facile sopportare i ritmi di questo lavoro e le partenze improvvise che spesso diventano lunghe assenze. Per gli hobbies, quindi, di tempo ne rimane davvero pochino, ma la partitella a basket, mia vecchia passione, cerco di non farmela mancare”.
Obiettivi per il futuro professionale e non?

“Grossi obiettivi, per il mio futuro professionale, non me ne pongo, anche perché, come dicevo, credo che sia il destino a decidere per noi. Non ti nascondo, però, che mi piacerebbe, prima o poi, staccarmi dalle news per potermi dedicare ai reportage d’approfondimento. Quanto invece alla vita privata, spero, quanto prima, di poter allargare la famiglia”.

Ultima domanda: Quali sono i consigli che Piero Ancona da ad un giovane che si avvicina al giornalismo?

“Sicuramente non commetterei un errore piuttosto ricorrente tra i miei colleghi, quello cioè di scoraggiare il ragazzo che si avvicina a questa professione. Senza nascondergli le mille difficoltà, lo spronerei a provarci, anche perché oggi, con internet, l’offerta è decisamente aumentata. A una condizione, però: che lo faccia con passione. Senza di quella, non si va da nessuna parte. Il vecchio adagio secondo il quale “fare il giornalista è sempre meglio che lavorare”, è ormai morto e sepolto da tempo”.

martedì 8 luglio 2008

Le Interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Nicola Veschi





Nicola Veschi, 33anni, bolognese, laureato in Giurisprudenza, giornalista professionista. Oggi lo conosciamo meglio.






Raccontaci qualcosa di te e dei tuoi inizi nel mondo del giornalismo..



Ho iniziato a scrivere quando ero all’Università per lo più per riviste di musica e cinema. Avendo vissuto negli Stati Uniti (dove ho fatto le primissime esperienze in tv in un’emittente di Boston) e parlando molto bene l’inglese ho sfruttato le mie capacità intervistando cantanti, attori di tutto il mondo… Prima intervista della mia vita? A Leonardo Di Caprio poco prima dell’uscita del film “Titanic”. Poi ne sono seguite tante altre. Per tre anni dalla mia (amatissima) Bologna ho collaborato con carta stampata e non solo. Radio, il primo vero grande amore: alcune inchieste per Radio Nettuno Onda Libera e poi la prima diretta della mia vita (fatta così, su due piedi, senza che mi fosse stato detto di prepararmi) su Radio Città del Capo (circuito Radio Popolare)… è la gavetta: scegli di inseguire un sogno e ti industri per capire come andare avanti. Una gran fatica ma anche super-stimolante (passatemi il termine). A 25 anni è difficile aver chiaro in mente esattamente di cosa ti vorrai occupare per il resto della vita. Nel 2000 il salto di qualità a Milano dove ho lavorato a Rock OnLine prima e a BluSat2000 poi. Di nuovo la radio: che grande mezzo! In assoluto è quello che mi affascina di più anche oggi che lavoro in televisione: le voci, le parole, i suoni… Mi emoziona molto non solo pensare al periodo trascorso in radio ma anche ascoltare la radio parlata (che preferisco ai network solo musica). Due anni di Milano e poi sono scappato. 2 ottobre 2002: è una data che ricorderò a lungo: colloquio con Franco Ferraro (lo steso che ha mandato davanti alla telecamera per la prima volta Gianluca Semprini! Evidentemente è uno che di tv ne capisce Franco). Quattro mesi dopo sono arrivato a StreamNews, poi siamo diventati Sky… ed oggi sono sempre qui. Mi occupo di cronaca sperando di riuscire a trasmettere a chi è a casa il senso dei fatti che mi trovo a raccontare. Evitando fronzoli, retorica e soprattutto quel pietismo facile che oggi riempie i palinsesti (e ahinoi anche i telegiornali).

Il mondo di Sky tg24 è il titolo del blog. Com’è per Nicola Veschi questo mondo?



È il luogo in cui lavoro. Una grande azienda in continua trasformazione. L’unica vera alternativa per chi oggi vuole fare questo mestiere in tv. La forza di Sky sta nel suo editore. Diverse volte ho provato sulla mia pelle confrontandomi con colleghi di altre testate cosa vuole dire avere un editore straniero, americano. Nessun condizionamento, vera libertà nel raccontare i fatti. Almeno questa è la mia esperienza. Raramente un mio pezzo è stato rimaneggiato nella sua impostazione. So che altrove non è così. Chi lavora con me ha colto a piene mani l’opportunità e sa che questo vantaggio giustifica anche le arrabbiature che sono inevitabili in qualsiasi lavoro. Comunque sia siamo fortunati, molto fortunati. Ho diversi amici colleghi che sono anche più grandi di me e sono ancora precari o fanno i free-lance perché costretti e non per scelta.

Ti occupi di cronaca: attualissimo il caso di Emanuela Orlandi. Puoi darci un tuo parere sugli ultimi risvolti?


L’Italia dei misteri… il caso Orlandi, il sequestro di Aldo Moro, la strage di Ustica. Ci sono alcune storie che hanno coinvolto e sconvolto gli italiani che ciclicamente ritornano attuali. Forse le risposte date dalla giustizia finora (a questi e ad altri casi) non sono state sufficienti per la gente comune. Sicuramente non tutto è stato detto e la dimostrazione sta proprio nel fatto che le dichiarazioni di Sabrina Minardi hanno suscitato così tanta curiosità non solo di chi è a casa e legge il giornale (o guarda la tv) ma soprattutto degli inquirenti, di chi da 25 anni sta indagando sulla scomparsa di Emanuela Orlandi senza trovare una risposta ai tanti interrogativi. La cosa più intrigante è che tornano nomi come quelli di Enrico De Pedis e Massimo Carminati legati (a proposito o no chi può dirlo?) a vicende che sembrano così distanti tra loro come la morte di Roberto Calvi e –appunto- il sequestro Orlandi. Secondo il cardinale Tarcisio Bertone si tratta di boutade estive. Siamo di fronte alle dichiarazioni di una donna non esattamente attendibile (e c’è da domandarsi perché abbia deciso di parlare solamente oggi –dice che sono morte delle presone di cui aveva paura, sarà così?-, oppure perché abbia deciso di parlare proprio oggi), affermazioni che trovano riscontri in alcuni fatti ma che poi finiscono in contraddizione con altre vicende dimostrate… La cronaca è fatta anche di queste cose: un anno fa a Torvajanica vennero trovate delle ossa. Oggi potrebbero essere legate alla vicenda della ragazza sparita nel 1982. Solo gli esami scientifici daranno una risposta. Trovo condivisibile la posizione della famiglia Orlandi che ha preso le distanze dalle boutade sensazionalistiche senza nascondere il suo bisogno di giustizia. Anche dopo 25 anni.



La cronaca fa la parte del leone nei tg: si abusa troppo di fatti cruenti?



No, direi invece che talvolta è sbagliato il modo in cui si affrontano fatti di cronaca. Oggi (soprattutto in televisione) si pensa più a insistere su aspetti che io trovo meno sostanziali (ad esempio le interviste ai parenti ed agli amici di ragazzi morti in un incidente stradale, piuttosto che le solite voci sul carovita o sugli esami di maturità). C’è poca originalità (e faccio anche un mea culpa in questo) nel raccontare i fatti. Per usare una figura retorica mi viene da dire che si dà voce alla pancia e meno alla testa. Il risultato è un appiattimento generale che non fa bene a noi giornalisti (perché ci facciamo una figura mediocre) e soprattutto a chi ci ascolta (non dimentichiamo l’alto valore formativo che l’informazione svolge ancora oggi!).

Come passa il tempo libero Nicola Veschi?



Faccio sport quasi tutti i giorni: ho nuotato una vita poi sono passato alla pallanuoto, infine per lavoro ho dovuto smettere ora dopo un lungo periodo di indolenza si è risvegliato il mio amor proprio e ho ripreso a nuotare. Leggo, preferibilmente sul terrazzo di casa mia in silenzio. L’ultimo libro? “Gerusalemme” di Renato Coen e Federica De Sanctis (mammamia che aziendalista!!! Ma avevo promesso ad un’amica che l’avrei letto per poi dirle cosa ne pensavo e mi è piaciuto!). Sono un fan sfegatato di Niccolò Ammaniti: mi piace da impazzire la sua scrittura così viva, che rapisce e proietta direttamente nelle vicende umane che racconta. “Ti prendo e ti porto via” è indubbiamente uno dei libri che (per come è scritto) mi è piaciuto di più in assoluto negli ultimi dieci anni. Recentemente ho ri-letto “Il romanzo di Ferrara”, di Giorgio Bassani. Tutt’altro genere ma sono uno di quei lacrimoni che si lasciano coinvolgere molto da chi sa entrare nell’anima delle cose. Alcune pagine di Bassani mi hanno lasciato senza fiato. Lo scorso inverno ho bevuto in un sorso i romanzi di Perez Revert. Infine… Confesso di essere un gran fruitore della televisione (via sat, inutile dirlo!): sono un grande appassionato dei canali documentaristici (National Geographic, HistoryChannel, Discovery…) e in particolare dei documentari ingegneristici. E poi esco con gli amici: mi divido tra Roma e Bologna… e il risultato talvolta è che in questo continuo avanti-indietro vedo pochi gli uni e gli altri.

Ti piacerebbe scrivere un libro? Su cosa?



Mi piacerebbe ma non è ancora il momento. Credo occorra una centralità che non ho ancora raggiunto. Ammiro molto chi riesce a scrivere un libro perché è un lavoro molto difficile. Per ora la mia vita è troppo caotica, devo mettere un po’ d’ordine prima… Temo comunque di subire molto la soggezione degli autori dei libri che leggo. Insomma, per ora le idee non mancano ma restano chiuse in un cassetto in attesa di trovare il loro giusto tempo per svilupparsi compiutamente. Per ora faccio l’apprendista!

Un consiglio per coloro che vogliono diventare giornalisti?




Studiare tanto, tutto. Leggere tutti i giorni i giornali (nazionali e internazionali). Per chi vuole fare televisione non guardare il Tg come passatempo ma capire il senso delle immagini. Scrivere, prendere appunti, ragionare sulle cose che si vedono. Non lasciare correre tutto come in un viaggio su un Eurostar a 300 Km l’ora. Imparare a conoscere il mondo, le persone che incontrano, le situazioni che vivono senza dare nulla per scontato. Un giornalista deve essere l’occhio della società: se non vedi non puoi raccontare. Altrimenti è tutta finzione. Le scuole di giornalismo sono un buon inizio anche se sono un sostenitore della gavetta partendo da zero: dalla classica telefonata ad una redazione per proporsi in poi. Non mollare. Essere pervicaci. Sgobbare duro. Patire anche (se capita) per mettere alla prova la propria ambizione (lo dice uno che ha passato settimane intere al telefono… ma alla fine è arrivato a Stream!). E ricordare sempre che “umiltà” è la parola d’ordine; nei confronti della professione (perché sono gli altri a giudicare il tuo lavoro) e nei confronti della vita (perché nulla ci è dovuto). Ogni uscita è una lezione. Lavorando ho scoperto che anche un pescatore 80enne dagli occhi celesti, la barba di tre giorni e il maglione infeltrito dalla salsedine incontrato sul molo di Stromboli può lasciare un segno. E se vale per me perché non posso dire lo stesso per i lettori/ascoltatori? … e comunque un consiglio su tutti: leggetevi Ryszard Kapuściński e capirete molte cose. Ottima lettura, grande scuola




Un sentito grazie a Nicola Veschi


sabato 5 luglio 2008

Le Interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Paolo Chiariello


Oggi è la volta di un pilastro di Sky Tg24: Paolo Chiariello,nato a San'Antimo(Napoli) nel 1968 e respondabile della redazione napoletana del nostro Tg.

Raccontaci i tuoi inizi nel mondo del giornalismo.

“Ho cominciato col giornale del Liceo, poi il Giornale di Napoli, quindi il Tempo, infine il glorioso Roma dove sono entrato come collaboratore e ne sono uscito dopo sette anni da caporedattore. In questi anni mi sono divertito a fare qualche incursione nel mondo della televisione. Giovanissimo, erano i primi anni Novanta ho lavorato in Rai con Piero Vigorelli, collaboratore di Cronaca in Diretta. Cronaca nera e giudiziaria. Sesso e sangue, poco sport e pochissimo spettacolo. Delle 4 “S” del giornalismo frequentavo solo quelle che più mi piacevano: sesso e sangue. Sempre con mamma Rai, nel 2000 sono stato l’autore di un primo esperimento di docufiction, Napoli in giallo. Un bel format. Erano dieci casi di cronaca nera e giudiziaria irrisolti scelti da me, scritti da me, sceneggiati assieme ad un ottimo scrittore noir come Michele Serio (inizialmente doveva esserci Carlo Lucarelli) e interpretati da noi stessi, che recitavamo (qualcuno riferisce in maniera anche decente) le nostre parti: Michele faceva lo scrittore e io il giornalista. Fu una bellissima esperienza. Poi è arrivata la collaborazione con Panorama di Carlo Rossella, proseguita anche con Pietro Calabrese e oggi con Maurizio Belpietro. Cerco di non farmi mancare la carta stampata, che reputo meno superficiale della televisione”.



L’arrivo a Sky tg24. Com’è stato?

“Ero caporedattore al Roma, giovane epperò già stanco mentalmente. Mi chiamò Emilio Carelli e mi disse: ti interessa fare televisione in una struttura giovane, snella, dinamica, che ha in animo di cambiare il modo di fare informazione in Italia? La risposta è nota. A Carelli non si può dire no. Prim’ancora che un grande professionista, dal quale si può imparare sempre qualcosa di nuovo, è una persona perbene, deliziosa sotto ogni punto di vista. Io ho la fortuna di dire che è il mio direttore ed è anche un amico. Per il resto, l’ambiente Sky è fresco, giovane, dinamico, con tantissime colleghe e colleghi eccezionali. A me piace molto il clima, i rapporti umani e professionali con tutti. Non c’è, come in altri posti, il tecnico, la segretaria, il giornalista. Siamo tutti amici (o quasi tutti), tutti ci sentiamo partecipi di un progetto nuovo. In poco tempo siamo diventati un gruppo di lavoro affiatatissimo e capace di correre, correre, correre. Direi che facciamo un’informazione di ottima qualità nonostante la mole impressionante di lavoro che ci viene richiesto. Non credo di esagerare se dico che rappresentiamo un po’ un modello d’informazione”

Il tuo lavoro credo prenda molto del tuo tempo: è un grande sacrificio oppure una grande gioia?

“Se fare il giornalista a certi livelli, divertendosi, raccontando quello che si vede, stando in mezzo alla gente, ricavandone grosse soddisfazioni professionali ed economiche è un sacrificio, direi che è una bella sofferenza. Scherzi a parte: è il mio sogno da bambino che si avvera”.

Hai scritto un libro inchiesta" Monnezzopoli"* edito dalla Pironti Editore dove racconti i tanti fatti sulla situazione campana dei rifiuti. Ti va di parlarcene un pò?

“E’ il mio primo libro, ha già venduto in tutt’Italia circa 100mila copie in poco meno di 5 mesi, mi ha dato grandi soddisfazioni perché mi ha consentito anche di fare tantissime esperienze che mi mancavano: tenere lezioni all’Università, girare l’Italia per presentare il libro, essere diventato un po’ il punto di riferimento dei media italiani ed europei per comprendere lo scandalo dei rifiuti in Italia. Eppoi, la più grande soddisfazione è leggere libri in cui “Monnezzopoli” è citato come esempio di saggio-inchiesta sugli scandali della politica, sapere che ci sono 10 studenti universitari a Napoli, Roma e Milano (quelli che conosco) che hanno adottato il mio libro come testo per una tesi di laurea. Certo, è stato faticoso raccogliere il materiale, trovare tante fonti per poi cercare di rendere semplice la lettura dello scandalo dei rifiuti, ma stando alle copie vendute e a quello che tanti lettori mi scrivono, direi che è andata abbastanza bene”.

Per un campano come te, cosa significa vedere le proprie strade insozzate in maniera inaccettabile?

“Io venderei l’anima al diavolo pur di vedere la Campania libera dai rifiuti. Darei anche la vita pur di vedere Napoli restituita al suo ruolo di grande metropoli del Mediterraneo, al suo splendore di capitale culturale non solo dell’Italia ma del vecchio continente. Quello che mi fa più rabbia è che ho letto di una Napoli che non c’è più, vivo in una Napoli che è vittima di una sorta di maleficio, di una follia collettiva che parte dai rifiuti e poi sfocia nell’emergenza criminalità, l’emergenza sanità e chi più emergenze conosce più ne metta. Ma sono ottimista ed ho speranza che le cose possano cambiare”


Sogni mai di fare servizi ed occuparti di cose fuori la Campania?

“L’ho fatto, lo faccio. Ma per chi fa il giornalista, lavorare a Napoli oppure in Campania, è davvero uno stimolo in più. Ci sono tantissimi colleghi e colleghe che a Sky hanno fatto, fanno e vorrebbero fare esperienze lavorative a Napoli e in Campania. Dal punto di vista professionale Napoli ha forgiato schiere di giornalisti che hanno occupato e occupano posti di grande responsabilità nei media italiani”.

Mi dai un parere su Saviano ed il suo libro “Gomorra”?

“E’ un ottimo romanzo che ha avuto il merito di riportare al centro del dibattito culturale del Paese la piovra camorra. Saviano e la casa editrice Mondadori hanno avuto questo merito. Da napoletano, però, non posso non dire che Gomorra ha rappresentato e rappresenta agli occhi di tanti (anche di chi quotidianamente ne fa un elogio sperticato e spesso acritico) una specie di atto di sodomia collettiva partenopea, un specie di indistinta follia masochistica, un harakiri in salsa partenopea che ha portato troppi napoletani (anche quelli più avveduti culturalmente) ad elevare a sistema una sequela impressionante di luoghi comuni e forzature sulla peggiore napoletanità. Non mi piace poi la crocifissione di chiunque si arrischi a muovere delle critiche a Gomorra oppure a Saviano che l’ha scritto. Trattare da appestato o peggio ancora da favoreggiatore dei camorristi chiunque non ha parole di elogio per Gomorra mi sembra un modo di fare sconcertante, direi tipico dei Casalesi. Il libro, nei contenuti, non mi dice niente di nuovo. I fatti e le trame romanzate non sono una novità. Saviano è stato bravo, Mondadori è stata eccezionale. Tutto qui. Tutto quello che gira intorno a Gomorra e al film di Matteo Garrone è panna montata. Montata bene, ma pur sempre panna montata”.


Quali sono stati in questi mesi i momenti più difficili da un punto di vista lavorativo?

“Quelli che vivrò. Mai andato in affanno, nemmeno nei momenti della faida di camorra e oggi in clima di emergenza rifiuti e disordini sociali. Quando si lavora con gioia non c’è affanno che tenga”.

Si risolverà entro l’estate il problema rifiuti? Napoli e la provincia torneranno a splendere?

“Sono ottimista, spero che il problema dei rifiuti per strada verrà risolto entro l’estate. Per la soluzione definitiva del problema bisognerà attendere un po’ di più. Occorrerà aspettare un bel po’ di tempo anche perché Napoli e la Campania possano riacquistare splendore e visibilità che meritano”.

Quali sono gli obiettivi professionali di Paolo Chiariello?
“Fare un’altra esperienza professionale in televisione, poi mi piacerebbe dirigere un giornale. Ad esempio Il Golfo di Ischia, un quotidiano meraviglioso. Sempreché me lo consenta il direttore, Domenico Di Meglio. Per me sarebbe l’apoteosi: vivere e lavorare a Ischia, il paradiso in terra”.

Parliamo ora di cose leggere: Cosa fai nel tempo libero?

“Gran parte del mio tempo libero lo dedico a mia moglie. Poi leggo, scrivo, guardo il mare, osservo per ore il castello Aragonese d’Ischia e la baia di Cartaromana, luoghi meravigliosi”.

Programmi per le ferie estive?

“Nessun programma. Vivo sempre alla giornata. Programmare il relax è un antinomia. Il mio programma di relax è non fare programmi. Vorrei godermi un po’ di più mia mamma, la vedo troppo poco ”.

Un consiglio finale a chi vuole diventare giornalista. Cosa bisogna avere e cosa no.

“Occorre avere tanta pazienza, salute di ferro, buone scarpe e tanta voglia di camminare e guardare il mondo che ci circonda. Non bisogna mai scoraggiarsi, nemmeno di fronte a palesi ingiustizie, raccomandati che ti passano davanti e altre porcherie che sono all’ordine del giorno nell’Italietta dei nostri giorni”.

Un grazie a Paolo Chiariello
Per acquistare il libro "Monnezzopoli: la grande truffa":

giovedì 3 luglio 2008

Le Interviste de "Il Mondo di Sky Tg24" Marco Congiu


E' il turno di Marco Congiu ,30enne , conduttore in fascia pomeridiana del tg.

Come nasce la tua passione per il giornalismo?
Quando ero bambino, mio padre mi obbligava a guardare tutti i telegiornali possibili, e io mi annoiavo a morte perché a quell'ora c'erano i cartoni animati.
A forza di tg, ho cominciato a capire quanto era importante il mestiere di chi racconta (o non racconta) cosa succede nel mondo.
Leggere e scrivere mi è sempre piaciuto, ma la prima volta che mi sono detto "da grande sarò giornalista" è stata verso i vent'anni, quando ho iniziato come stagista a 24Ore Tv, e guardavo con molta invidia e ammirazione il lavoro di quei bravi giornalisti. Lì ho scoperto l'amore.

Come è il mondo di Skytg24?
Bellissimo, complicato e faticoso. Siamo sempre in diretta, o comunque sempre pronti ad andarci in caso di bisogno. Possiamo essere i primi a dare una notizia, e abbiamo i mezzi necessari per "coprirla" come vogliamo. E' come avere a disposizione una fuoriserie: che si sia neopatentati o piloti provetti, è un gran divertimento avere sotto mano il meglio in circolazione.

Dei fatti che nel corso degli anni hai annunciato in diretta qual è quello che ricordi con più emozione?
Mi capita, a volte, di dovere intervistare persone che soffrono o hanno sofferto di gravi malattie. Ogni volta vorrei non farlo.
Quando sono arrivato a Sky, un paio d'anni fa, avevo già due anni d'esperienza di conduzione: finora non mi è ancora capitato di bloccarmi per l'emozione.
Ma avrei avuto sicuramente un groppo in gola nel seguire in diretta gli attentati dell'11 settembre 2001 o la scomparsa di Giovanni Paolo II.

Hai un punto di riferimento, un mito?

Cerco di imparare da tutti i colleghi dai quali penso ci sia da imparare. Purtroppo (o per fortuna) non sono pochi. Anche perché il giornalismo televisivo è fatto di tante cose, e non tutti sanno fare bene tutto. Ricordo sempre gli insegnamenti su come si scrive un pezzo del mio primo caporedattore al Sole 24Ore, ma anche i trucchi per condurre un tg che ho cercato di "rubare" ai colleghi di Sky.
Il miglior conduttore di tg oggi in Italia è senza dubbio Alberto Bilà, del Tg5. All'estero, mi piace molto lo stile di Colin Brazier di Sky News, e quello dei programmi di Anderson Cooper, CNN.
E poi i servizi di Gerardo Greco, corrispondente RAI dagli Usa, e i pezzi di Beppe Severgnini, del Corriere della Sera, imbattibili.

Stare in diretta per delle mezze giornate. Quant’è difficile?

Molto, soprattutto se la giornata non offre emozioni particolari. In una giornata di routine, è facile seguire gli avvenimenti ma faticoso inventarsi sempre qualcosa di nuovo per lanciare servizi e collegamenti. In una giornata movimentata, invece, la difficoltà consiste nel non perdersi in dettagli inutili tenendo piuttosto presenti le notizie, essere capaci di contestualizzarle e costruire un discorso coerente.

Si preparano mesi di fuoco nella campagna elettorale americana. Secondo Marco Congiu chi prevarrà?

Gli ultimi sondaggi danno in vantaggio il democratico Barack Obama. Sarebbe una bella sferzata di freschezza per gli Stati Uniti (e chissà che non sia d'esempio anche per noi). Il sistema elettorale americano però è molto diverso dal nostro, e non mi stupirei se alla fine vincesse invece il repubblicano McCain.

Quanto è importante per il nostro paese un’informazione corretta e possibilmente fuori da giochi di potere?
Sarebbe bello, ma è banalmente impossibile, perché le aziende editoriali sono (appunto) aziende, e perché i giornalisti sono uomini con le loro idee (come tutti).

Tempo libero. Cosa fa Marco Congiu?
Viaggio, faccio centinaia di fotografie, leggo, ascolto musica.

Scriveresti mai un libro? E se si su cosa?
Finora non ne ho ancora sentito l’esigenza. Del resto, ho appena 30 anni. Ma se dovesse capitarmi tra le mani una buona storia, mai dire mai.

Obiettivi per il futuro?

Non sono legati in alcun modo al mio lavoro.


Un consiglio ad un giovane che intraprende la strada del giornalismo
Lo faccia solo se è davvero motivato dalla passione per il giornalismo. E sappia che non necessariamente lavorerà al Washington Post e scoprirà il prossimo Watergate.
Mille grazie Marco
*cortese ringraziamento a Macallan per le caps

mercoledì 2 luglio 2008

Comunicazione

In questi ultimi giorni alcuni giornalisti che gentilmente avevano accettato di essere intervistati sono stati vittime di offese vergognose e vili. Vergognose perchè contenenti insulti inaccettabili e vili perchè fatte in forma anonima.
Il mio blog nasce per far conoscere questi uomini e queste donne che giornalmente mettono impegno, cuore passione per dare ai telespettatori di Skytg24 informazione corretta e puntuale ed esaustiva. Nessuno è perfetto e le critiche possono anche essere accettate se condite di costruttività, ma la gratuità di parole volgari no. Non la accettiamo.
Ora tutto verrà filtrato. Un giornalista mi ha fatto notare che senza la moderazione dei commenti ci potremmo trovare di tutto ,anche una bestemmia. Non ci avevo pensato perchè forse ancora credo nel buon senso.

Mi scuso vivamente con tutti coloro che si sono sentiti toccati da queste offese. Non accadrà più.
Tutta la mia solidarietà.

Simone Mori