martedì 14 aprile 2009

Le interviste de " Il Mondo di Sky Tg24": Barbara Leonardi


Dalla redazione di Milano, abbiamo sentito Barbara Leonardi. Insieme a lei abbiamo parlato della sua passione, il continente africano.


1) Come hai iniziato con il giornalismo?

Per caso. Da bambina sognavo di fare molti mestieri diversi, dalla ballerina alla realizzatrice di documentari sui leoni… Insomma, non avevo le idee molto chiare. Certo il giornalismo mi ha sempre attirata ma in fondo è il stato il caso a decidere per me. Al liceo avevo vinto un concorso dell’Enel con un tema sulla condizione della donna nel lavoro e nella vita. Così sono stata invitata come ospite a una trasmissione di Teleglobo, una tv locale milanese. Una volta finita l’intervista, la direttrice del telegiornale, Franca Feslikenian, mi disse: “Te la sei cavata bene, che ne dici di lavorare nel tg?”. Mi presentai il giorno successivo in redazione. Mi piazzarono davanti a una telecamera con i fogli in mano e mi dissero: “Quando si accende la luce rossa, leggi le notizie. Cerca di non sbagliare, sarai in diretta”… Un vero battesimo del fuoco! Ho iniziato a collaborare per il tg di Teleglobo, poi per diverse riviste di settore che si occupavano di un po’ di tutto, dal marketing agli elettrodomestici.. Piano piano ho trovato la mia strada, la cronaca: ho collaborato con diverse tv locali, Antenna 3, Lombardia 7, Telecity-Italia 7 realizzando servizi, inchieste, trasmissioni, talk show e conducendo le edizioni principali dei notiziari. Nel 2001, l’esperienza al Tg5, nella redazione di Milano. Poi, la conduzione, in italiano e in inglese di un notiziario scientifico sul canale satellitare E-tv e infine…

Come sei approdata a Sky Tg24?

…Sky, appunto. Ci sono arrivata nell’agosto del 2003, proprio prima del debutto di Skytg24. Avevo fatto un colloquio con Emilio Carelli, pensavo fosse andato male, invece… Eccomi qui, felice, davvero, di aver partecipato a quei mesi di straordinari impegno, eccitazione e anche confusione che hanno segnato l’inizio di questa avventura.


So che hai lavorato per Indro Montanelli. Qual è il tuo pensiero su un mito del giornalismo italiano?

Sì, nonostante la mia esperienza principale sia nel settore televisivo ho sempre cercato di mantenere almeno un piede nella carta stampata… Così negli anni ho collaborato con Avvenimenti, con “L’Indipendente”, con Focus e con “La Voce” il quotidiano fondato da Indro Montanelli quando lasciò la sua prima creatura, “Il Giornale”. Per “La Voce” ho seguito le prime elezioni multirazziali in Sudafrica, nel 1994. Ero giovane e alle prime armi e non dimenticherò mai la disponibilità dell’allora capo degli esteri, che decise di offrirmi una chance. Lavorare per un “mostro sacro” come Indro Montanelli mi riempì di orgoglio: una testa fine e un uomo tutto d’un pezzo, come ce sono pochi.







L’Africa è la tua passione. Come nasce?

L’Africa l’ho sempre sognata, immaginata, vagheggiata… e quando l’ho vista per la prima volta me ne sono perdutamente innamorata. E’ un luogo esotico, radicalmente “altro” rispetto al mio ambiente e tuttavia mi è familiare in un senso strano. Quando sono in Africa mi sento a casa, so che lì sono le mie radici come quelle di tutti noi. Leggendo la cronaca delle infinite tragedie che hanno colpito questo continente si ha l’impressione di un mondo oppresso dall’angoscia e dal dolore, senza speranza. Invece, quello che più mi ha colpita andando lì è la gioia di vivere di persone che tirano avanti con poco o niente. Una straordinaria lezione per me. Penso che l’Africa abbia molto da dare, in tutti i campi, dall’economia alla cultura.

Hai seguito molte vicende del continente nero. Quali quelle che ricordi con maggiori emozioni?

Certamente le prime elezioni multirazziali in Sudafrica, nel ’94. Un’esperienza straordinaria. Quando sono atterrata all’aeroporto di Johannesburg c’erano code sterminate di bianchi che scappavano dal Paese: intere famiglie, con valigie enormi e le lacrime agli occhi. Temevano la guerra civile, la vendetta dei neri dopo anni di segregazione razziale e oppressione. Invece, è accaduto un miracolo. Ricordo le donne nere che arrivavano scalze dopo ore di cammino ai seggi nelle aree rurali e poco prima di entrare per votare, per la prima volta nella loro vita, si mettevano le scarpe con i tacchi comprate per l’occasione. Era la riconquista della loro dignità di persone, ed è stata una conquista pacifica. Dopo l’annuncio della vittoria dell’ANC di Nelson Mandela la gente scese in strada a festeggiare. Io ero a Durban e passai la notte con loro. A un certo punto da un’auto scesero due ragazzi bianchi, afrikaaner. Avevano mazze da baseball in mano e urlavano insulti razzisti. Tra la folla qualcuno ebbe la tentazione di reagire e ricordo una donna nera che gridava: “Vi prego, no. Basta violenza. Da oggi dobbiamo imparare a convivere in pace”. Ho ancora i brividi se ci penso, il Sudafrica è stato un esempio per il mondo.

Da poco il Pontefice si è recato in Africa. Fanno discutere le sue parole sull’uso del preservativo. Tu che hai toccato con mano la situazione cosa puoi dirci? Sono parole irresponsabili?

Assolutamente e tragicamente irresponsabili. Ci sono Paesi, come il Sudafrica, il Botswana e lo Zambia, dove fino al 40% della popolazione è sieropositiva. Stanno morendo intere generazioni, perfino la classe politica, i deputati sono decimati. E’ chiaro che servono campagne di educazione, prevenzione e soprattutto servono cure a prezzi accessibili e non a quelli stellari reclamati dalle multinazionali farmaceutiche. Ma il preservativo resta l’arma più economica e facilmente accessibile contro l’Aids. Le parole del Papa, in Paesi dove perfino i ministri della Sanità sono convinti che basti farsi una doccia dopo il rapporto sessuale per non ammalarsi, avranno conseguenze disastrose.



Ultima tragedia del mare solo alcuni giorni fa. Un barcone che disperde in mare vite umane. Puoi dirci cosa spinge questi disperati ad affrontare mille pericoli?

La speranza. La speranza in una vita migliore. Partono i più giovani, i più forti, i più preparati. Hanno in tasca i risparmi di intere famiglie che contano su di loro per cercare di risollevarsi da una povertà che non toglie solo il pane ma anche la possibilità di realizzare i propri sogni, le proprie legittime aspirazioni. Quando arrivano sulle coste della Libia, hanno alle spalle mesi di viaggio, un percorso allucinante in mezzo al deserto del Sahara. Io ho filmato nel 2004 in un reportage per Skytg24 i camion stracarichi di migranti in mezzo alle dune di sabbia. Moltissimi non ce la fanno. I camion si rompono o perdono la pista. I passeggeri muoiono di sete. Chi sopravvive arriva disperato al mare: lungo la strada è stato depredato dai militari, torturato perché cedesse anche l’ultimo spicciolo. Quando vedono il Mediterraneo hanno paura, tanti non avevano mai visto il mare prima. E intuiscono che quei barconi malandati non sono sicuri. Ma tornare indietro significa affrontare di nuovo il calvario del deserto e presentarsi a casa senza più un soldo, deludendo le speranze di madri, padri, mogli, figli. Per questo si imbarcano. D’altronde, il passaparola arriva anche in Africa: il lavoro in Italia c’è. In nero, sottopagato, in condizioni che rasentano la schiavitù ma c’è. E’ questa prospettiva che li attrae. Per bloccare il traffico non servono le motovedette o la chiusura delle frontiere. Servirebbe una seria campagna contro il lavoro nero e nuove regole per consentire a questa gente di entrare regolarmente in Europa e tentare la fortuna senza dover rischiare la vita. E mi piacerebbe che ogni volta che un barcone arriva a Lampedusa non si parlasse di clandestini: chiamiamoli con i loro nomi. E’ un modo per ricordarci che sono persone. Come me e come te.

Cosa è significato per te seguire un evento come quello che ha visto contro i boscimani, antichissimo popolo africano, al governo del Botswana?

In Botswana ho realizzato per Skytg24 un reportage dal deserto del Kalahari dove vivevano le ultime comunità di Boscimani, una delle etnie più antiche al mondo. Erano stati deportati a forza dall’esercito e chiusi in una sorta di campi di concentramento ai confini del parco, dove sono riuscita a entrare con una telecamera nascosta. Senza poter più cacciare, condannati a dipendere dagli scarsi aiuti alimentari del governo, costretti a mandare i propri figli in scuole dove gli insegnanti non parlano neppure la loro lingua, molti boscimani sono caduti in depressione e sono diventati alcolisti. Tutto perché sulle loro terre, dove vivevano da millenni, sono stati scoperti i diamanti e il governo voleva evitare che potessero un giorno reclamare la loro parte sui profitti. Grazie al supporto di una ong inglese, la comunità boscimane ha fatto causa al governo e una prima battaglia legale è già stata vinta. Ma ancora non è stato consentito loro di tornare nel deserto del Kalahari.

Ci spieghi se esiste davvero il Mal D’Africa?

Eccome!! Io ne sono affetta, in una forma, temo, inguaribile… E’ un malessere quasi fisico che mi colpisce al ritorno da ogni viaggio in quel continente: un senso di soffocamento e insieme di nostalgia per quegli spazi aperti, quella luce, quei cieli immensi…
Quasi tre anni fa sono diventata mamma e da allora non sono più tornata in Africa. Mi manca tantissimo e non vedo l’ora che il mio bimbo cresca per poterlo portare con me!

Barbara, quali sono i tuoi obiettivi professionali a medio termine?

Da quando è nato il mio bimbo per forza di cose mi sono dovuta dividere tra lui e il lavoro. Ora che sta crescendo mi piacerebbe tornare a realizzare un reportage approfondito… sono i lavori che mi danno più soddisfazione.

Quant’è complicata la vita di un giornalista?

L’unica, vera complicazione a mio avviso è la totale imprevedibilità della nostra vita: quando esci di casa la mattina non sai mai dove andrai, cosa farai, quando tornerai… Mantenere un impegno, un appuntamento, anche un’amicizia è complicato dal momento che ti tocca “dare buca” infine volte… Con un bimbo, poi, diventa tutto più difficile ma conciliare lavoro e famiglia è complicato per tutti, non solo per i giornalisti!

Come passi il tempo libero?

Con il mio piccolo. Cerco di dedicare a lui tutto il tempo che mi resta e lui mi ripaga con una bella ricarica di allegria!

Infine, Cosa diresti ad un giovane che vorrebbe fare il tuo stesso mestiere

A rischio di sembrarti un po’ demodè, gli direi di essere umile. Il giornalismo non è un mestiere “da fighi”. E’ una straordinaria opportunità per conoscere persone, luoghi, fatti, direttamente e non per interposta persona. Mi piace pensare che tutti coloro che incontro nel mio lavoro, dall’usciere al ministro, avranno qualcosa di interessante da dirmi. E solo avvicinandoli con un approccio “umile” potrò convincerli a farmi questo straordinario dono, ogni volta, ad arricchire la mia conoscenza e la mia persona.

7 commenti:

  1. Ho lavorato con Barbara a Milano per 2 anni e confermo l'approccio "umile" e la passione che la caratterizzano, si lancia nella realtà senza paura! Mi ha sempre parlato dell'Africa, per cui quando un anno e mezzo fa ci sono andato per la prima volta mi è venuta in mente spesso... il mal d'Africa in effetti mi è venuto per le persone che ho incontrato più ancora che per i paesaggi, è stato un vero innamoramento. Ero in Uganda per realizzare un documentario sulla lotta all'Aids e sono nati dei rapporti d'amicizia inaspettati che durano nel tempo. Proprio per quello che ho visto nello specifico però mi sento di dissentire su quel che Barbara dice a proposito del Papa; purtroppo non posso postare il documentario, però la protagonista (Rose Busingye, un'infermiera ugandese) è stata recentemente intervistata dal Foglio sull'argomento quindi vi lascio il link all'articolo (http://www.ilfoglio.it/soloqui/2059) in cui spiega bene qual è la vera questione, anche dal punto di vista "tecnico", per una persona che combatte l'Aids ogni giorno (con risultati sorprendenti, come ho potuto toccare con mano). Buona lettura!

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  2. Anonimo16.4.09

    concordo sul Papa!

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  3. Lucie16.4.09

    Un'ottima giornalista...voglio andare in Africa!

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  4. Anonimo19.4.09

    Africa...continente unico

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  5. Anonimo20.4.09

    Bellissima intervista! Complimenti a Barbara per la sua professionalità, dalle sue parole si percepiscono una autentica passione per il suo lavoro ed una grande competenza, bravissima!

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  6. Anonimo1.10.09

    Brava la mia cuginetta !
    Un bacione.
    Stefano.

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  7. Barbara leonardi è bravissima. ho avuto l'occasione di lavorare con lei e sono felice che dia spesso una voce a coloro che non ne hanno una. Complimenti e continua cosi.
    Marie Reine Josiane Toe

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