domenica 20 dicembre 2009

Marco Piccaluga: "Obama non meritava il Nobel"



Barack Obama ha appena ricevuto il Nobel per la pace. Molti si chiedono: uno che invia soldati per la guerra, merita questa onorificenza?

No, non la merita. Un sacco di gente passa la propria vita ad aiutare gli altri, dal piccolo volontario al personale delle grandi organizzazioni (mi vengono in mente Medici Senza Frontiere o Emergency). Gente che ci mette la vita e i soldi. Sono sicuro che esista qualcuno mondo più meritevole. Malgrado le buone intenzioni e le tante (troppe) belle parole di ogni discorso, Obama ha dimostrato di non essere in grado di invertire la rotta della politica estera rispetto a chi l’ha preceduto. E del programma annunciato in campagna elettorale ben pochi punti sono stati realizzati.


Il premier ha di nuovo sferrato un duro attacco contro la magistratura e questa volta Napolitano non è stato zitto. Cosa ne pensi di questi fatti?

Non mi piace commentare la politica, in generale. Ma sono convinto che se Berlusconi, Napolitano, parlamentari, membri del Csm, giudici, giornalisti e tutti gli attori coinvolti in questo “tutti contro tutti” che coinvolge mezzo paese dedicassero la metà delle energie che mettono in questa attività nel proprio lavoro, risolveremmo gran parte dei nostri problemi.

Saviano è costantemente su tutti i giornali. Parla ormai un po’ di tutto. Troppa esposizione o?

In questa Italia allo sbando tra leggi calpestate o fai-da-te, ignoranti e semianalfabeti la gente si attacca a chi dice cose corrette e di buon senso. Saviano lo fa. E questo fa di lui un obiettivo appetibile per tutti: trasmissioni giornalistiche serie o meno serie, infotainment, spettacolo. In questo senso la sovraesposizione c’è. Meglio lui che il solito tronista.



Si parla di clima in questi giorni. Si potrà mai arrivare a qualcosa di serio?

No. Anche a Copenhagen, tempo perso e soldi buttati. Se Obama avesse voluto veramente fare qualcosa, avrebbe potuto aderire subito al protocollo di Kyoto, che gli Usa, il paese che inquina di più al mondo, non hanno mai voluto sottoscrivere. Tutto il resto è retorica. E con le belle parole non si tappa il buco dell’ozono. Stesso discorso per la Cina.
E’ mortificante vedere gli sforzi dei singoli cittadini che hanno una coscienza ambientalista annullati dal mostruoso volume di emissioni di due soli paesi (che da soli contano un miliardo e ottocento milioni di abitanti).
Per scendere nel quotidiano, poi: qualcuno mi dovrebbe spiegare per quale motivo io spenda tempo e soldi per tenere la mia auto a regime di bollino blu, la mia caldaia di casa continuamente (e costosamente) revisionata, la marmitta della mia Vespa perfettamente funzionale e non inquinante quando nel campo nomadi a due passi da casa mia ogni giorno si bruciano copertoni e immondizia a cielo aperto (per non pagare la relativa tassa per lo smaltimento).
Qualcuno potrebbe obiettare: da qualche parte bisogna pur incominciare.
Vero. Infatti io, noi, abbiamo incominciato.
Ma Obama o Wen Jiabao che da Copenhagen ci parlano di clima ai miei occhi appaiono come il rom del campo di Tor di Quinto che mi chiede di fare il bollino Blu.


E’ di questi giorni la sentenza del caso Fabrizio Corona. Si vergogna di essere italiano. Marco, dammi una tua “sentenza” in merito.

Corona è un uomo fortunato. Perché può permettersi queste sparate senza dover incassare la replica degli italiani. Che, sono sicuro, in gran parte si vergognano di lui.
Il suo sfogo ha lo stesso sapore della lettera che Pier Luigi Celli scrisse al figlio, su Repubblica, tempo fa, suggerendogli di andarsene all’estero per evitare mali, vizi e compromessi di questo paese. (proprio lui, da che pulpito!)
Chi non ama questo paese può sempre andarsene. Chi ci ha costruito carriera e fortune, non ha diritto di critica. A meno che non si impegni sul campo per cambiarlo.
E non mi sembra questo il caso.


Vorrei un tuo parere sulla questione libertà religiosa in Italia. Dopo la vicenda Lega contro il cardinale di Milano Tettamanzi, si è riaperto un putiferio.

Lo scontro Lega-Tettamanzi è dovuto unicamente a divergenze sull’approccio nei confronti del problema islam. Per il resto la base del partito di Bossi ha radici profonde nella tradizione cattolica. Inutile negarlo. Da questo punto di vista non vedo conflitti all’orizzonte. Basta vedere con quanta enfasi la Lega ha avversato la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo di vietare l’esposizione del crocifisso nelle aule.
Io ho un’idea molto radicale di questa storia. L’Italia stessa non esisterebbe, così come è oggi, se non avessimo avuto le radici cristiane e cattoliche che abbiamo avuto. Tutto, dalla cultura alla lingua si deve a questa tradizione. Il crocifisso rappresenta questa cultura. Toglierlo non ha senso. Il passo successivo quale dovrebbe essere? Abbattere tutte le cupole d’Italia. Non scherziamo.
Il crocifisso è un simbolo positivo e non offende alcuno. Nessun problema ad affiancarlo ad altri, se necessario, ma la sua eliminazione è priva di significato.

In ultimo una domanda sportiva. Chi vince il campionato di Serie A e i mondiali 2010?

Il cuore dice Roma e Italia. La testa, Inter e Inghilterra.
Speriamo di sbagliare.


venerdì 27 novembre 2009

Quattro chiacchiere con Piero Ancona sui temi d'attualità


Torna sul blog, una nostra vecchia conoscenza, Piero Ancona , corripsondente per la regione Puglia del Tg24




Un tuo parere riguardo il DDL sul processo breve


Una giustizia rapida la sognano tutti. Nel merito, quindi, il Ddl sul processo breve è incontestabile. Sbagliato, a mio avviso, è il metodo. La giustizia italiana ha bisogno di una riforma radicale, che a sua volta richiede un consenso politico quanto più ampio possibile. E poi serve tempo. Pensare che gli attuali nostri tribunali, alle prese con esigue risorse economiche ed enormi problemi di organico, possano funzionare celermente, è una pia illusione. Questo sul piano logico; altro discorso, invece, sono le opportunità politiche, nelle quali, però, preferisco non entrare.

Il caso Cucchi ha aperto un dibattito sulla situazione che spesso si vive nelle carceri. Una sitiazione latente di violenze. Cosa ne pensi e cosa pensi delle parole di Giovanardi sul caso?

Su questa storia ci vorrebbe un po’ più di cautela in attesa che le indagini facciano il loro corso. Il rischio è di aprire la classica guerra tra poveri: da una parte i detenuti, costretti a vivere in promiscuità all’interno di carceri fatiscenti, dall’altra gli agenti di polizia penitenziaria, alle prese anche loro, come tutte le forze di polizia del resto, con problemi di risorse e organico. Anche qui, serve un tempestivo intervento della politica, che non si riduca, però, all’ennesimo indulto. Ho sentito parlare di un piano carceri, sponsorizzato direttamente da Berlusconi, che prevede la costruzione di nuovi penitenziari utilizzando le stesse tecniche già adottate di recente in Abruzzo per le nuove case dei terremotati. Vedremo. Quanto alle dichiarazioni di Giovanardi, lo definirei uno spiacevole incidente chiuso dalle scuse alla famiglia.

Un anno di presidenza Obama. Le cose da salvare e quelle no di questi primi 12 mesi


Dodici mesi sono pochini, anche per un primo bilancio. Ad ogni modo, sarà difficile, per il presidente Obama, soddisfare le attese di quanti hanno creduto in lui. Semplicemente perché eccessive. Mi spiego. La sua elezione ha sicuramente rappresentato un evento epocale, ma la “rivoluzione”, se vogliamo, l’ha fatta il colore della sua pelle. Per il resto, Barak Obama è una persona normalissima, che non necessariamente passerà alla storia come il miglior presidente degli Stati Uniti. C’è chi lo pretende, invece, e non solo in patria, visto che gli viene conferito un premio Nobel per la Pace “alle intenzioni”, che lo stesso presidente ha accolto quasi con fastidio. In ogni caso, a proposito di pace, il vero banco di prova per la presidenza Obama sarà l’Afghanistan.

Passiamo alla tua regione, la bella Puglia. Come prosegue la gestione Vendola? E ci sarà ancora lui nel futuro?


Nichi Vendola si avvia a chiudere il suo primo mandato di presidente della Regione Puglia. Il bilancio, a mio avviso ampiamente positivo, è stato “macchiato” dalle inchieste giudiziarie sulla gestione della sanità che tuttavia, finora, hanno prodotto più sospetti che prove. A Marzo, comunque, si torna alle urne. Lui si è già ricandidato, sfidando alle primarie eventuali concorrenti interni al centrosinistra. Il Pd non ha ancora sciolto le riserve, anche perché, appoggiando Vendola, perderebbe i voti, preziosi, di Casini e Di Pietro. Il balletto delle alleanze, insomma, è appena iniziato, e da qui a marzo ne vedremo delle belle.

Il caso Basile sembra essere ad una svolta. E' quella decisiva?

Il movente dell’omicidio di Peppino Basile, alla fine, si è rivelato un banale litigio per questioni di vicinato. C’era da aspettarselo, visto che le altre ipotesi, politica e criminalità, si erano rivelate, sin da subito, piuttosto forzate. Certo, l’idea di un nonno che si fa aiutare dal nipote, minorenne, ad uccidere a coltellate il vicino di casa, è sconvolgente. Ma ancora più grave, se possibile, è il silenzio che i genitori hanno imposto per 17 mesi ai due bambini che poi avrebbero permesso, con la loro testimonianza, di far arrestate i presunti assassini. Ormai la non-cultura della legalità, del “facciamoci i fatti nostri”, insomma, non è più prerogativa delle grandi città. Un brutto, bruttissimo segnale.

lunedì 2 novembre 2009

Le interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Luigi Licchelli


Dopo oltre tre mesi, eccoci di nuovo nel mondo di Sky! Il romano Luigi Licchelli, apre la stagione autunnale delle nostre interviste e chi se non un amante della metereologia poteva darci lo start? Buona lettura!


Luigi, raccontaci un po’ il tuo percorso fino all’arrivo a Sky

Ho frequentato il Liceo scientifico, poi mi sono iscritto alla facoltà di Scienze politiche. Durante il percorso di studi ho fatto il servizio militare. Avevo 22 anni. Era un periodo in cui fare delle scelte, e non avevo le idee molto chiare. Mi padre è un militare, ho vissuto parte della mia vita in quell’ambiente. Così ho iniziato a fare una serie di concorsi nelle forze armate che nella stragrande maggioranza dei casi erano andati bene. Mi sono così ritrovato a scegliere tra varie opportunità decidendo alla fine, ma già non troppo convinto, per un corso per piloti di complemento della Marina all’Accademia navale di Livorno. Il connubio tra il volo e il mare comunque mi affascinava molto. Dopo poco mi ero però convinto che, per vari motivi, la cosa non faceva per me. Ho cambiato e ho preso una strada diversa. Ufficiale di complemento in Aeronautica. Corso ufficiali a Firenze, quindi la specializzazione in meteorologia a Pratica di Mare. L’aeroporto di Ghedi(Brescia), una delle basi più operative d’Italia, è stata la mia successiva destinazione. Una bella palestra di vita. A poco più di vent’anni ti ritrovi con tante responsabilità a gestire situazioni a volte molto critiche, prendere decisioni velocemente e a coordinare personale anche molto più anziano e con molta più esperienza di te. Finita quella bella ed intensa esperienza(che avrei anche potuto continuare) ho deciso comunque di tornare ai miei studi di Scienze politiche. Avevo voglia di cambiare. E’ stato durante quel periodo che ho iniziato a collaborare per varie testate giornalistiche tra le quali il Foglio di Giuliano Ferrara, dove ho iniziato come correttore di bozze. Nelle mie collaborazioni mi sono occupato per lo più di politica e di cultura. Fino a quando non sono venuto a sapere che cercavano personale a Sky meteo24. Poteva fare al caso mio. Inizialmente mi è stato offerto uno stage di alcuni mesi, poi un contratto giornalistico per l’estate come redattore, e quindi grazie ad Emilio Carelli e Silvia Mazzucco che mi hanno voluto, dopo un provino ed un breve periodo di pausa, sono ritornato. Stavolta anche in veste di conduttore. Ed ora eccomi qui. Una bella gavetta di cui vado fiero.

Come nasce la passione per la meteorologia?

Da piccolo ero affascinato dai personaggi che spiegavano in tv quelle carte meteo apparentemente così strane. I satelliti, le carte sinottiche. Edmondo Bernacca e per motivi anagrafici soprattutto Guido Caroselli erano i miei preferiti. Li seguivo, ma non avrei mai creduto poi che si sarebbe sviluppata così. In ogni caso la curiosità è nata da bambino.



Com’è l’ambiente di lavoro a Sky Meteo24?

Fortunatamente molto sereno e piacevole. Comunque familiare e cordiale, ma allo stesso tempo professionale. A volte ci sono degli scambi di vedute, ma è così in ogni ambiente di lavoro. La cosa più bella è svolgere un lavoro interessante in un clima, sia con i colleghi della redazione che con i tecnici molto cordiale. Insomma mi trovo bene nonostante i ritmi frenetici che ci impongono le dirette, i tempi a volte molto stretti per le registrazioni e i difficili orari notturni e di primo mattino(copriamo sempre un arco di 24 ore di programmazione).

Un evento climatico che ti ha particolarmente colpito?

Seguiamo un po’ tutti gli eventi inerenti la meteorologia con il nostro canale. Certo quando ci sono situazioni particolari come le alluvioni anche l’adrenalina sale. Come per esempio quando ci fu l’ondata di piena del Tevere dello scorso anno. E’ molto affascinante anche seguire eventi estremi come i cicloni, fenomeni però potenzialmente catastrofici per le persone. Non è certo bello commentarne gli effetti drammatici sulle popolazioni colpite, spesso e volentieri in luoghi già flagellati da povertà o altre calamità. Ma fa parte del nostro lavoro.

Come passi il tempo libero?

Facendo cose che fanno un po’ tutti. Amo moltissimo viaggiare e appena posso scappo via. Ma anche stare con i miei familiari e i miei amici è fondamentale. Adoro anche leggere tanto, fare sport, ascoltare musica, rock e jazz soprattutto ma anche generi più sperimentali. Sono anche appassionato di acquariologia.

Cosa pensi dei reality show che tanto dividono l’opinione pubblica?

Non li guardo perché non mi piacciono. La tv ultimamente non fa tanto parte della mia vita. Al di fuori del mio lavoro ne guardo poca. Mi piacevano i quiz di una volta dove non serviva la fortuna ma l’essere preparati. Seguo abbastanza il calcio, sono anche appassionato di documentari naturalistici e scientifici e mi piacciono i film d’autore.



Obiettivi professionali?

Crescere sempre di più e fare sempre nuove esperienze. Nella mia vita ho fatto i lavori più diversi, anche umili, a volte ripartendo completamente da zero. Ma ciascuno mi ha lasciato qualcosa di positivo. Sono dell’idea che ogni esperienza, anche negativa, ti insegni sempre qualcosa e in qualche modo ti arricchisca. Insomma migliorarmi continuamente, poi vedremo.


Un consiglio di Luigi Licchelli ad un giovane che vuole intraprendere le sue stesse orme.

Non so, consiglio di studiare, sapere di ciò di cui si parla è importante. E di non approcciarsi al mondo del lavoro troppo tardi. Chi volesse fare l’anchor meteo o più in genere fare informazione di qualsiasi tipo alla base deve comunque avere passione per il proprio lavoro e per la divulgazione. In particolare quello della meteorologia è un mondo complesso, in evoluzione, ma molto affascinante e affianco alla climatologia, per motivi che tutti sappiamo, è una materia di stretta attualità. Quello del conduttore meteo è pure un mestiere non sempre facile da interpretare, nel parlare rischi sempre di essere un po’ in bilico tra banalizzazione e tecnicismo. Più in generale consiglio comunque di credere sempre in se stessi, porsi in modo umile, disporsi al sacrificio e qualsiasi cosa si stia facendo non sentirsi mai arrivati.


giovedì 17 settembre 2009

Il blog tornerà molto presto

Dopo un pò di mesi di inattività il blog tornerà presto con nuovissime interviste!
Grazie a tutti coloro che mi hanno scritto.
S

lunedì 20 luglio 2009

Le interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Pierfrancesco Ferrara

Oggi conosciamo meglio Pierfrancesco Ferrara, nato a Bari, che si occupa di politica a Sky Tg24

Raccontaci i tuoi inizi e come nasce l'amore per il tuo mestiere

Ho iniziato a scrivere i primissimi pezzi (pubblicati sulla Gazzetta del Mezzogiorno) ai tempi del liceo. Si trattava di brevi notizie di sport o poco più. Poi, dopo essermi concentrato sulla Maturità, ho ripreso con una certa continuità a scrivere, occupandomi prevalentemente di cronaca e politica e diventando corrispondente per la mia zona, di un quotidiano, il Corriere del Giorno. Ultimando gli studi in Giurisprudenza, contestualmente ho completato il periodo di pratica necessaria per ottenere il tesserino da pubblicista (1997). Ho quindi iniziato a collaborare anche con un altro quotidiano, il Roma. Dopo di che ho deciso che era giunto il momento di provare a fare il “salto”. Passare dalla cronaca locale alla nazionale. Trasferirmi dalla mia Basilicata, dal mio Metapontino, nella Capitale. Per questo ho tentato il concorso per accedere alla scuola di giornalismo della Luiss a Roma. Due anni di studio, quindi una nuova esperienza in ufficio stampa, alla Wind (6 mesi) e poi il primo lavoro… nel mio mondo: un sito internet, Bravaitalia.com, e la pagina di politica da curare. Un’esperienza durata qualche mese, a causa della crisi delle web company di quegli anni (2000). Qualche giorno a caccia di lavoro e poi una nuova esperienza in un ufficio stampa: ‘Italia in Giappone 2001’, l’evento che a cura dei ministeri degli Esteri e dei Beni Culturali promuoveva il nostro Paese in Asia. Nel settembre la ‘chiamata’ al Tgcom… prima il Mediavideo, poi la pagina politica. Una bellissima esperienza di due anni. Fino al 2003, quando, dall’agosto passai a Skytg24. Questo il mio ‘iter’. Quanto alla passione per questo mestiere non ti nascondo che l’ho sempre avuta, coltivandola nel tempo, guardando in tv e leggendo i servizi dei giornalisti che da sempre sono stati i miei punti di riferimento: il mio direttore Emilio Carelli per la tv, Paolo Franchi e Stefano Folli per la politica, Gianni Minoli per gli speciali televisivi, e Rino Tommasi per lo sport. La passione vera e propria? Me l’ha forse trasmessa mio padre… politica e giornalismo fin da piccolo insomma.

2) Dei tuoi primi anni di giornalismo, qual è il ricordo più vivo che hai?

Ricordo senza dubbio i primi articoli pubblicati nell’88 (ero al terzo anno di liceo): cronache di incontri di calcio dilettantistico, la serie D. Poi l’emozione dei primi pezzi firmati al Corriere del Giorno (avevo 21-22 anni) se non sbaglio era il 1994: anche qui sport. Poi il mio primo Consiglio comunale, le prime interviste di spettacolo a cantanti e vip. Le elezioni politiche sempre del ’94 seguite nel mio collegio del Metapontino. Ricordo l’emozione del primo tesserino nel 1997. La Scuola di giornalismo della Luiss, poi il primo appuntamento nazionale alla Conferenza degli Ambasciatori alla Farnesina nel 2000. Quindi Milano, Mediaset e il Tgcom: la prima “Ultimissima” pubblicata sulla pagina 101 del Mediavideo e, poco dopo, la prima pagina di Politica del sito intermante curata da me. Per arrivare, infine, a Sky. Beh qui di ricordi ce ne sono talmente tanti: dalle prime dirette, nell’ottobre del 2003, in Abruzzo ad Ofena, per la vicenda del Crocifisso nelle scuole alle tantissime manifestazioni seguite in tutta Italia. Ancora: la prima trasferta all’estero con il Presidente Napolitano in Ungheria nel 2006 e le tante, tantissime campagne elettorali. Mi fermo qui, sennò mi dilungo a dismisura.

L'arrivo a Sky Tg24. Ce lo racconti?

3) Una telefonata, un colloquio e il primo giorno di lavoro nel mese di agosto. Il 2003. Sky stava nascendo. Dal primo settembre sarebbe partito il Tg. Apparentemente tutto molto semplice, vero? In realtà, venendo dal Tgcom, conoscevo già bene il mio Direttore. Lo era stato fino al mese di Maggio in quel di Mediaset a Milano. Con me dal canale web erano arrivate anche due colleghe: Laura Ceccherini e Giulia Buia. Per tutti un bel primo giorno negli studi televisivi della nascente Skytg24. Tanta tecnologia, mille luci, una redazione grandissima, l’open space dietro i conduttori, una macchina già in pieno movimento e noi… pronti a tuffarci in quello splendido e operoso ingranaggio.




Fai parte della redazione politica. Quanto impegnativo è oggi seguire la politica nostrana?

Non credo sia più complicato rispetto a vent’anni fa o addirittura rispetto agli anni 60-70. Certo allora non ero ancora nato ma, vedendo documentari, speciali e soprattutto ascoltando racconti di colleghi, credo semmai che esista un differente approccio alla professione nel suo complesso. Il nostro mestiere è forse oggi più articolato perché è la stessa società ad essere più articolata. Il sistema cioè chiede di più, chiede più velocemente e meglio. E’ così per lo stesso sistema informativo, più continuativo, più votato all’anticipo, alla velocità, alla tempestività, ma senza che questo comprometta la qualità del prodotto. Ovvio che poi, per quanto riguarda il mezzo televisivo, il progresso tecnologico abbia portato migliore qualità ma anche, di pari passo, la necessità di una maggiore attenzione al dettaglio nei sistemi di ripresa e montaggio. Insomma tempi di reazione più rapida, fare le stesse cose di prima ma più velocemente. Chiaro è che per la politica, rispetto ad altri settori, la difficoltà è tutta nel combinare la tempestività con le necessaria ed essenziali esigenze di analisi e riflessione.

Credi sia possibile fare informazione politica super partes in questi anni in Italia?

Credo sia sempre difficile, ma possibile. Molto dipende dall’editore, dal direttore e dalla stessa struttura organizzativa della redazione. Un mix essenziale e decisivo affinché l’informazione sia davvero imparziale. Ripeto: difficile ma possibile. Del resto l’esempio dell’obiettività e dell’imparzialità di Skytg24 credo ne sia una più che evidente dimostrazione.



Hai sicuramente avuto occasione di conoscere molti dei nostri parlamentari. Ricordi qualche aneddoto simpatico?

Di getto mi viene subito da pensare alla passione per la tecnologia e per i cellulari, che ha il Presidente Cossiga. Passione che mi ha raccontato in un’intervista a casa sua realizzata per il nostro Tg.

Ti piacerebbe intraprendere un percorso giornalistico differente da quello politico?

Le mie passioni sono sempre state la politica e lo sport. Fin da piccolo…più o meno. Poi quando ho capito quale sarebbe stata la mia strada lavorativa e professionale è stato facile scegliere cosa “raccontare”. Mi è capitato per un certo periodo di tempo, nella carta stampata, di scrivere anche di spettacoli e soprattutto di cronaca, ma credo proprio di essere finito nel posto a me più congeniale. Ormai mi occupo di politica stabilmente da nove anni. Lo sport, però, continuo sempre a seguirlo con attenzione.

L'italiano medio è, dal tuo punto di vista, più o meno interessato alla politica di qualche anno fa?

Sicuramente la società è più sfiduciata. Crede meno nella classe politica e dirigente. I fatti e le vicende degli ultimi anni, del resto, non hanno contribuito a mantenere alto il rapporto di fiducia. Quanto all’attenzione, all’interesse verso la politica, mettiamola così: i Media lo sono allo stesso modo se non di più rispetto a qualche anno fa. E, in genere, gli organi di informazione seguono molto le attenzioni dei propri lettori e telespettatori.



Come passi il tempo libero? Tennis a parte:)

L’impegno è tale che –mi imbarazza un po’ dirlo- il riposo fa la parte del leone. Ma, scherzi a parte, mi piace molto uscire con mia moglie e gli amici, fare gruppo, scherzare e divertirmi con loro. Non manca qualche week end in giro per l’Italia e l’Europa. C’è poi lo sport. In tv e non solo. Adoro giocare a tennis. E poi, da poco, ho ripreso ad incrociare le racchette da tennis tavolo, sì proprio il ping pong. Sai, anni fa, più di 15, facevo attività agonistica, giocavo in serie C ed ero stato vice-campione regionale juniores.

Infine vorrei che tu dessi un consiglio a coloro che intraprendono la tua stessa strada. Cosa si deve fare e cosa no per essere un buon giornalista?

Intanto, ma questo lo dico sempre, credo che, prima ancora che essere una professione, il nostro sia un mestiere. Quindi talento e qualità personali a parte, massimo rispetto e tanto di cappello per chi ha anni e anni di lavoro alle spalle. L’esperienza è fondamentale. Per acquisirla, oltre ovviamente al tempo, sono necessarie alcune caratteristiche che ritengo essenziali: dedizione, curiosità, voglia di raccontare, determinazione. Queste sono sicuramente le basi: si hanno, si possiedono oppure no… sono, credo, innate. Poi il salto di qualità arriva evidentemente anche grazie al proprio talento, alla capacità di scrivere, all’abilità nel cogliere l’attimo, alla cura e alla perizia nell’organizzarsi e, chiaramente, alla fortuna. Di sicuro ci sono poi tante altre sfumature che variano a seconda del tipo di giornalismo: dall’inchiesta, alla cronaca, dalla carta stampata alla televisione. Cosa si deve fare…? Osservare tutto, anche i dettagli; raccontare non per far piacere a se stessi ma per farsi e per fare capire. Verificare sempre bene quanto e ciò che si sta per dire. Non soffermarsi all’apparenza, non fermarsi di fronte a quanto ci viene detto da chi, in quel momento, si pone fra il cronista e il fatto o l’evento: prenderlo sì come un organo ufficiale ma non smettere di cercare, di capire, di “investigare”. Infine essere il più semplice e diretto possibile: in fondo non siamo dei romanzieri ma dei giornalisti.

martedì 23 giugno 2009

Le interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Helga Cossu


Ecco a voi, a grande richiesta, Helga Cossu. La vediamo al timone delle edizioni mattutine del Tg! Buona lettura.


Ciao Helga, raccontaci innanzitutto come nasce la passione per il giornalismo e come si è poi sviluppata

Ciao Simone. Perché nasce questa passione non lo so. Viene dal nulla e comincia come un gioco, un sogno dai contorni frastagliati. Mi piaceva scrivere, raccontare, mi piaceva anche giocare a fare la giornalista. Ma un po’ come un seme che germoglia, la passione la riconosci dopo le esperienze e soprattutto dopo tante delusioni. A 18 anni comincio a scrivere per alcuni giornali locali della provincia di Frosinone. Se hai volontà e un pizzico di talento i giornali te lo permettono, tanto non ti pagano una lira, ma lo si fa un po’ perché da qualche parte bisogna pur cominciare, un po’ perché hai la speranza di ottenere almeno un tesserino da pubblicista. Mi occupo di tutto, dalle buche sulle strade ai piccoli incidenti stradali fino alle bagarre degli amministratori comunali. Ne avrei da raccontare ma non credo di avere troppo spazio.
Comunque, quegli anni servono a darmi una vaga idea del linguaggio giornalistico che apprendo di volta in volta dalle correzioni dei vari caporedattori. A 22 anni arrivo in televisione. Mi presento alla redazione dell’emittente ciociara Teleuniverso. La vera scuola è lì. Il direttore si trova davanti a una bambina che vuole imparare, mi dà la possibilità di andare quando voglio in redazione a guardare come si prepara un telegiornale. Ebbene, gratis et amore dei, vado lì ogni sacrosanto giorno per quasi un anno, solo ad osservare! Poi entro a regime, prima una collaborazione, poi l’assunzione con rinnovo annuale e anche la conduzione del tg. Intanto prendo il fatidico tesserino da pubblicista. Arriva il giorno in cui decido di lasciare casa, famiglia e lavoro per venire a vivere a Roma dove nel frattempo frequento l’università. Nella capitale entro a far parte di una società di comunicazione e produco un tg economico quotidiano che mi permette di sostenere tutte le spese. Poi un amico m’ informa che c’è un’emittente carina che forse ha bisogno di un giornalista. Invio il curriculum a RomaUno e mi prendono. Entro prima nella redazione di una trasmissione, poi imparo ad usare la telecamera, lavoro nel tg e finisco nei turni di conduzione. Nel frattempo divento praticante. Mi fermo qui così proseguo con la prossima domanda.





L’approdo nella redazione di Sky Tg24 come è avvenuta?

Da premettere che non avrei mai immaginato che sarebbe potuto accadere…soprattutto al giorno d’oggi.
Semplicemente mi è arrivata una telefonata. Katia, la segretaria di redazione di RomaUno mi passa la chiamata di un collega che mi cercava, senza specificare chi fosse. Bene, era..posso dirlo? Ma si, Franco Ferraro, caporedattore di Sky Tg24. Mi spiega che facendo zapping mi aveva vista condurre e dato che una conduttrice aveva lasciato Sky e che un’altra sarebbe andata in maternità, mi invita a mandare un curriculum. Il direttore Emilio Carelli mi chiama per un colloquio, poi mi fa fare un provino e dopo qualche mese..entro con un contratto di sostituzione, terminato il quale..sono ancora lì.


Redazione senza dubbio imponente. Come è l’ambiente?

L’ambiente è giovane e fortemente stimolante. La mole di lavoro è enorme e con ritmi frenetici. Il rischio è di ritrovarsi un po’ frastornati soprattutto all’inizio, almeno a me è successo così. Poi però è inevitabile prendere il ritmo. Professionalmente parlando è l’ambiente ideale per crescere e mettersi alla prova, umanamente, oltre a tantissimi validi professionisti, ho avuto la fortuna di conoscere anche tante belle persone.

Esiste “maschilismo” nel giornalismo secondo la tua esperienza?

Nel mio percorso non ho mai incontrato colleghi misogini…mi è andata bene, anzi è andata bene ai maschilisti! Semmai persone così poco intelligenti mi è capitato di trovarne fuori dal contesto lavorativo. Sul lavoro è più facile scontrarsi con lo scetticismo di qualche collega, ma è un atteggiamento in fondo normale che ti porta a dover dimostrare sul campo le qualità che hai.




Ti vediamo in conduzione la mattina. Complicate le levatacce in piena notte?

Beh...è pesante. La sveglia alle 4 del mattino su di me ha tendenzialmente due effetti. Primo: ti metti a letto col timore di non sentire la sveglia. Il chiodo fisso ti martella tanto da tenerti sufficientemente in allerta senza mai raggiungere la fase Rem. Facile quindi spalancare gli occhi, accorgersi che sono le 2 e farti venire il panico.
Secondo: hai tanto sonno, vai a letto e dormi profondamente, peccato che quando la sveglia suona la spegni alla luce dei famosi 5 minuti. Quando ti accorgi che è tardi l’effetto è sempre di panico e sonno tutto il giorno.


Quali sono i tuoi punti di riferimento nell’universo giornalistico?


Punti di riferimento intesi come veri e propri miti del panorama giornalistico non ne ho mai avuti. Penso che idealizzare in generale sia sempre un errore, mentre è giusto ispirarsi e prendere di ognuno solo la parte che si considera migliore. Cito ad esempio Sergio Zavoli. Ho visto praticamente tutte le sue inchieste e ne ho sempre apprezzato la dialettica senza sbavature e il linguaggio pulito, pieno di riferimenti, che il giornalismo moderno tende erroneamente a considerare demodè. Cito Oriana Fallaci e Jason Burke per il coraggio delle parole e per lo spirito di osservazione. Cito la persona di Enzo Biagi: insegna che un uomo disonesto non sarà mai un buon giornalista. Dunque semplicità del linguaggio, coraggio delle proprie azioni e onestà intellettuale. Non esistono giornalisti perfetti ma doti giornalistiche da cui trarre esempio si.





Una news che hai dato in diretta che ti ha particolarmente colpito, emozionato..

L’omicidio-suicidio di una persona che conoscevo molto bene. Ma non ho parole per descrivere quel momento come non ne ho avute allora.




Un servizio invece che ti rimarrà impresso a vita curato da te?

Lo sto ancora aspettando a braccia aperte. Il grande evento, quello che intimamente aspetti con la sensazione che quando accadrà ti cambierà la vita...prima o poi arriverà.
Se poi mi chiedi di piccole e grandi emozioni che in questi anni mi hanno coinvolto a vario titolo…allora non saprei da dove cominciare.
C’è’ l’inchiesta sulle acque avvelenate della valle del sacco, l’angoscia dei contadini e degli allevatori in attesa dei risultati di laboratorio. C’è L’ennesimo disperato che perde il posto di lavoro e davanti a te tenta di darsi fuoco. Per settimane ho seguito la vicenda degli sfratti nella capitale, sono entrata nelle case di quelle famiglie, ho visto le lacrime dell’anziano con la valigia in mano e i ricordi rinchiusi in scatole di cartone. Il clochard che ti ferma per strada e ti chiede di ascoltare le poesie che ha scritto. Di momenti indimenticabili ce ne sono un’infinità.



Sei giovanissima. Quali obiettivi hai professionalmente parlando?

Spero per me una crescita continua con esperienze sempre nuove. Ci sono tantissime cose che mi piacerebbe fare. Tra questi fare documentari in giro per il mondo, respirare l’odore di terre lontane, conoscere e raccontare la vita negli angoli più nascosti della terra. Un sogno, lo so. Ma si comincia sempre così no? Sul resto non entro nel merito, un pizzico di scaramanzia non guasta.



L’informazione in Italia. Troppo di parte?

Troppo impelagata direi. Basterebbe svincolarsi un po’ dalle questioni tutte politiche e cominciare a dar spazio anche ad altro.
Ci sono molte notizie che passano in secondo piano e che invece meriterebbero approfondimenti. Troppo gossip, pochi spunti di riflessione.


Hai una miriade di fans, raccontaci se vuoi come passa il tempo libero Helga Cossu.

Certo di portare avanti tutte le cose che tralascio per il lavoro. Almeno una volta al mese vado a trovare la mia famiglia, qualche volta riesco ad organizzarmi un viaggio non troppo lontano. Se sto in pieno relax e resto a Roma, esco con gli amici, vado al cinema…cose ordinarie. Prima di arrivare a Roma nel tempo libero mi dedicavo alla pittura, olio su tela, sono amante dell’impressionismo.. Qui però non ho lo spazio sufficiente. In compenso mi diletto col mio piccolo giardino. Adoro le rose, non parliamo dei gelsomini.


Infine, una dritta che ti senti di dare ai ragazzi che vogliono diventare giornalisti.

Io posso parlare solo in base alla mia esperienza quindi.. consiglierei di cominciare presto, più si è giovani meglio è. Cercate di farvi le ossa nelle piccole redazioni, gli ambienti locali sono fondamentali per la formazione. Non aspettate lo stage.
Osservate e ascoltate più che potete, il mestiere va anche “rubato” a chi lo pratica da tempo. Studiate, leggete, approfondite sempre tutto quello che vi capita per le mani e adattatele alle regole e alle tecniche del linguaggio. Non siate egoisti, il giornalismo è di chi vi legge e di chi vi ascolta. Questa è la base, poi, come sapete, serve la classica buona dose di fortuna.

lunedì 15 giugno 2009

Le interviste de "Il Mondo di Sky Tg24": Stefania Trapani



E' il momento di Stefania Trapani, a Sky Tg24 da molti anni. Giornalista a 360 gradi come potete leggere in questa intervista.


Prima di tutto raccontaci qualcosa di te

La penna in mano a cinque anni. Un concorso per “nani” vinto a sei, con la storia di Michela, la mia bambola dai capelli ricci e rossi. Un po’ Cenerentola, un po’ Alice.
Devo a lei la mia passione, che da allora non mi ha mai abbandonato.
Sono cresciuta tra l’asfalto e la polvere.
A caccia di notizie. Curiosa di tutto e di tutti.
Il praticantato nella redazione del giornale di Caserta, quotidiano anti-camorra odiato da Sandokan, quell’Antonio Schiavone, boss dei casalesi, diventato crudelmente famoso per le lotte di potere a Casal di Principe. Le pattuglie delle forze dell’ordine davanti al portone della redazione. I fax intimidatori. Le lettere e le minacce di sua moglie Giuseppina Nappa, arrestata dopo qualche anno. La cronaca nera. Le inchieste: voti di scambio, aste d’appalti truccate. mala. droga.
E un editore, Maurizio Clemente, che ha creduto in me. Dandomi fiducia.
Sono nata così. Cronista di strada. Ficcanaso per dovere. Sfacciata per necessità.
A volte anche quando il buon senso, inevitabilmente, esorta a spingere sul freno.
Poi, l’arrivo a Roma. Il colloquio con Antonio Marano, allora direttore di Team tv, canale di informazione di Stream. Poi Sky, la grande opportunità. E’ grazie al direttore Emilio Carelli se ora sono membro di questa grande famiglia. Se posso dire con orgoglio e tanta riconoscenza di essere parte di Skytg24. La conduzione, l’adrenalina della diretta. Poi la chance e la sfida più grande: fare l’inviata. Le inchieste sulle morti bianche, il porto di Genova, i no global del Nord Est, gli ultras del calcio italiano, la mala-sanità calabrese, la strage di Erba (finalista al premio Ilaria Alpi 2007). E poi i reportage: sulla diossina in Campania (candidato agli Sky Tv Awards 2008); sull’uranio impoverito impiegato in Kosovo e la morte di militari italiani che hanno svolto missioni nelle zone bombardate. Le primarie, le proteste pacifiste a Vicenza contro la base americana.


Quali dei tanti servizi da te curati rimane ancora fisso nella tua memoria per emozioni suscitate?

Ciò che più amo è raccontare le storie della nostra Italia. In particolare quella sottaciuta, quella che soffre. Quella che stenta per arrivare a fine mese, quella che non ha la forza di reagire. O peggio, quella che tace per paura, ignoranza. Quella che magari tutti conoscono, anche per sentito dire. Ma che nessuno ha mai visto. La televisione in questo senso ha un potere e un merito eccezionale. Le immagini parlano. Così tanto e in maniera così toccante che talvolta le parole neanche servono.
L’emozione più forte? L’inchiesta girata in Campania sul traffico illecito di rifiuti tossici e non. Ho visto discariche abusive a due passi dalle case fumare di notte. Ho respirato veleni che mi hanno bruciato la gola. Toccato con mano quello che gli oncologi napoletani chiamano nesso di causalità tra inquinamento ambientale e l'insorgenza dei tumori e la mortalità per tumori. La Terra Felix deturpata: piramidi di finte eco-balle, montagne di copertoni, tonnellate di vernice gettate tra i cespugli accanto alle piantagioni di pesche, frutta purtroppo contaminata che finisce sulle tavole di tutta l’Italia. Intere famiglie che utilizzano acqua avvelenata, per irrigare i campi, per uso domestico. Bambini ammalati di tumori strani. Donne, puerpere che non possono allattare i propri figli. Ho conosciuto Enzo Cannavacciuolo. Mi ha raccontato la storia di suo padre, pastore di Acerra. Nel suo sangue c’era diossina. Le analisi di un laboratorio canadese hanno provato che la concentrazione era altissima. Suo padre è morto. In pochi mesi. Divorato dal cancro, insieme al suo gregge. Dalle poche pecore ancora rimaste in vita nascono agnellini deformati.


Hai seguito da vicino la vicenda Alitalia. Tanti lavoratori sull’orlo del licenziamento. Quali sono i tuoi ricordi?

Una vertenza lunghissima. Dolorosa. Una vicenda sociale che ha appassionato l'opinione pubblica italiana. E che nel bene o nel male ha segnato un’epoca. La vertenza Alitalia ha avuto effetti molteplici. I più profondi forse sulle parti sociali. Ha spaccato il sindacato: schierando da un lato i confederali, dall’altro il fronte del no dei piloti, spesso e ancora troppo spesso a torto definiti privilegiati. Francamente, se un tempo potevano godere -anche se non tutti- di certi benefit, ora anche per loro i tempi sono cambiati. Un braccio di ferro che ha fatto scendere i lavoratori in piazza, a Montecitorio, sul piede di guerra. Azioni di lotta. Legali. Una società “benefattrice”, la Cai, una cordata di imprenditori nostrani che ha offerto un miliardo "cash", senza accollarsi i debiti. E che ora, a sei mesi dalla nascita della nuova Alitalia, continua a perdere soldi e stenta a raggiungere quel turn around auspicato e necessario per il pareggio di bilancio. Il cosiddetto break even che consentirebbe alla compagnia di bandiera di tirare un sospiro di sollievo. La nuova Alitalia è nata da una vecchia Alitalia quasi defunta, sull’orlo del collasso. Salvata praticamente a un soffio dal baratro. Ora integrata con Airone. Ma il prezzo pagato è stato altissimo. Migliaia di lavoratori in cassa integrazione. Migliaia di precari a casa senza neanche quella. Il momento storico che viviamo certo non ha favorito l'acquisizione della good company e la liquidazione dei bad asset. La crisi ha appesantito un contesto di per sè già difficile.

Hai vissuto negli States per parecchio. Mi citi le differenza maggiori che ci sono secondo te tra noi e loro?

La Florida, la Carolina: poco yankee, tanto sudiste. Rossella O’Hara con il body-board sotto il braccio. Senza i campi di cotone. Tra le dune di sabbia e i tunnel che spariscono sott'acqua attraversando l'oceano. Ho vissuto negli Stati Uniti gli anni più belli della mia adolescenza. Mi sono diplomata in una scuola secondaria a stelle e strisce con una buffa tunica con tanto di fascia e cappello quadrato. Recitando tutte le mattine il Pledge of Allegiance davanti alla bandiera degli Usa con la mano destra sul petto. Giocavo a calcio, "sbucciandomi" le ginocchia a furia di cadere nei sentieri diabolici del cross country. Vivere, studiare e anche lavorare negli Stati Uniti significa trasparenza, immediatezza. Vitalità allo stato puro. Con i dovuti rischi: primo fra tutti, forse, quello di rasentare un senso di vuoto, causa o effetto (dipende dal punto di osservazione) di superficialità. Si bada all'osso, si evitano i fronzoli. Se funziona, si va avanti. Se la ruota non gira, si sostituisce l'ingranaggio.




Oggi si dice che per sfondare in molti settori tipo la tv, il cinema , la musica sia necessaria la bellezza. Questo è stato detto anche del giornalismo. Cosa ne pensi?

Per Platone il bello è il vero. Anche per Aristotele la verità è bellezza. Ragionando così, chi come me racconta la realtà nuda e cruda, con distacco ma con lo zoom, dovrebbe inseguire la perfezione. Purtroppo non è così. Noi viviamo in un'estetica empirista che pone i canoni di bellezza in cima alla piramide dell'armonia.
Non c'è nulla di male nell'essere piacenti e piacevoli. Ma ciò diventa una forzatura, a mio avviso, quando si trasforma in prerogativa indispensabile. Chi sceglie di fare giornalismo televisivo deve avere innanzitutto rispetto per la realtà che osserva e per chi è spettatore dall'altra parte dello schermo. Credo che il decoro e una certa grazia contribuiscano all'insieme di un essere umano, ma la sostanza che fa la differenza non è certo l’esteriorità.


Passiamo a cose “leggere”: come “uccidi” il tempo libero?


Ti prendo alla lettera: mi “uccido” di corsa. La serotonina, la mia droga quotidiana. Mi dà la carica e al tempo stesso mi rilassa. Corro da anni. Ho iniziato per gioco. E non ho mai smesso. Corro a livello amatoriale. Mai agonistico. Anche se amo misurare la mia ambizione nelle maratone. La più emozionante? Quella di NY City. Novembre 2003, il primo anno di Skytg24. 50mila partecipanti. 2 milioni di curiosi e supporter che lungo il percorso ti danno acqua, banane, gel energizzanti. Qualcuno prova anche ad allungarti una birra. I gospel di Brooklyn, il Queen’s Bridge che toglie il fiato, la first Avenue chiusa al traffico. Harlem, Central Park. L’arrivo, la coperta di alluminio per non disperdere il calore corporeo. Ti accasci sul prato. Non senti più le gambe, mentre realizzi solo alla fine che insieme a mezzo mondo hai appena attraversato NY City, da Staten Island a Manhattan, passando per il Bronx. Percorrendo, con le tue sole gambe e in poche ore, più strada di quanto una persona in media ne compie in auto in un giorno intero…..

Un libro, un cd, un film che sono nel tuo cuore.

Libro: Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, anche se l'unica impareggiabile è per me una sola: Virginia Woolf.
Cd: musicalmente sono molto disordinata, amo ascoltare di tutto, di più. Un orecchio tutt'altro che fino, direbbe chi è cultore della buona musica. Mi piacciono Vasco Rossi, Ligabue, De Gregori. E poi i mitici Cure.
Film: tanti tantissimi, come faccio a dirne uno solo. Chiudo gli occhi e cito i primi a cui penso: A Colazione da Tiffany, Quarto Potere di Orson Welles, La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock. E poi i film del principe, Totò. E poi Il Padrino…Taxi Driver.

Infine la domanda più importante: I consigli di Stefania Trapani a chi inizia questa carriera.

Non sono proprio in grado di darne. Solo incoraggiamento, forse. A chi ancora non sa che cosa lo aspetti (naturalmente scherzo). …è come un viaggio in mare aperto…a volte si è costretti a cavalcare le onde di un oceano in burrasca, altre volte a sfruttare sapientemente le correnti, soprattutto quando il vento è flebile. A volte si naviga dolcemente cullati dalla corrente. A volte si veleggia in compagnia dei delfini. Chi a bordo yacth, chi su zattere. Ma alla fine dei conti non importa come. Perché il mare è lo stesso per tutti. Con i suoi misteri, la sua forza, i suoi pericoli, il suo entusiasmo. Si sogna l’approdo: scogli o isole. Ma la meta è un’altra: la terraferma. Si naviga con la lucidità e la consapevolezza che esiste, ma non si ha la certezza di arrivarci. Mai. Un po’ come Ulisse alla ricerca di Itaca. Con la purezza e la spontaneità del Piccolo Principe, pioniere dei cieli. Bisogna crederci, bisogna dare l’anima. Ci vuole dedizione, tantissima. Perseveranza. Umiltà e modestia. E anche un pizzico di fortuna: trovarsi nel posto giusto, nel momento giusto.

Grazie Stefania!


Grazie a te, spero di non averti annoiato..

Assolutamente no..anzi!



lunedì 18 maggio 2009

Le interviste de " Il Mondo di Sky Tg24": Flavio Isernia


Eccoci con Flavio Isernia, altra "costola" importante di Sky Tg24

Raccontaci qualcosa di te e di come è nata e si evoluta la tua passione per il giornalismo



Mi viene da sorridere, perché penso a quando alle scuole elementari avevo già una pagina tutta per me sul giornalino di classe. E mi chiedo ora, cosa possa avere da dire un bambino a quell’età in cui ha appena imparato a leggere e scrivere. Mi emozionava. Alle superiori ero persino il responsabile, il “direttore” del giornale d’istituto. Potere raccontare un evento di cui fossi testimone mi ha sempre appassionato. E mi emoziona ancora oggi questa professione.


Come sei approdato a Sky Tg24?




Un collega era troppo bravo, potrei riassumere così. Mi riferisco ad Andrea Bonini. Un fuoriclasse. SKY TG24 era nato da pochi mesi, io collaboravo con Corriere della sera e Radio24 – Il Sole 24Ore. Andrea era corrispondente da Bologna per il canale. Gli fu chiesto di trasferirsi a Roma. E di lì a poco, quando nacque la sede di New York, divenne corrispondente dall’America. Io ottenni, attraverso il curriculum, il posto che si era liberato. Insomma, devo molto alla sua bravura, alle coincidenze della vita e a quel tanto d’incoscienza che ebbe il Direttore nell’affidare a me l’incarico.


Quali sono stati o quali sono i tuoi punti di riferimento, i tuoi miti?



Si impara qualcosa da tutti, costantemente, no? Almeno, per me è così. Poi se vuoi giusto due firme tra quelle che mi provocano più piacere nella lettura, dico Jenner Meletti per Repubblica e Marisa Fumagalli per il Corriere della Sera. Sono amici, spero lo restino anche gli altri.


Stai seguendo da oltre un mese le vicende post terremoto in Abruzzo. La prima cosa che ti è venuta in mente al tuo arrivo all’ Aquila?



Chi arrivasse a l’Aquila in quelle ore si trovava immerso in un contesto catastrofico, terribile davvero. Poi gli stessi rappresentanti delle istituzioni ebbero a definirla ‘città fantasma’. Uso un termine abusato per descrivere lo scenario, ovvero, apocalittico. Tutta l’area colpita sembrava essere stata teatro di guerra ed ora abbandonata. Bar, pompe di benzina, ogni genere di servizio a cui siamo abituati non c’era più.



Gli abruzzesi sembrano gente molto forte e coriacea. Sei dello stesso parere?


Credo che gli abruzzesi non si sentano persone differenti da altre.
Spesso avvertiamo il concetto di morte come qualcosa di lontano da noi. Quasi non ci riguardasse. Come se gli incidenti o le disgrazie a noi non potessero capitare. Quando si verificano, ci si rende conto di quanto tutto sia fragile. Di fronte a queste cose si impatta con il nostro stato di ‘semplici’ esseri umani. Le persone drammaticamente colpite dal terremoto sono state private dei loro affetti e di quanto, come la casa e il lavoro, avessero di più caro. Persone ridotte ai minimi termini. Che devono trovare in se stesse la forza di reagire. Ma anche in quanto viene fatto per loro. Per questo non bisogna mai smettere di pensare che c’è bisogno del nostro aiuto.



C’è una vicenda, tra le tante seguite in Abruzzo, che ti ha colpito di più?

Preferisco non dire.


Andando indietro di qualche anno , mi ricordo che hai seguito la vicenda del piccolo Tommaso Onofri. Una pagina di cronaca ancora viva nella nostra memoria. E’ stato complicato per te,umanamente parlando, seguirla?


Quella di Tommaso è una vicenda che ha toccato tutti. Vissuta con partecipazione, commozione anche all’estero. Ha lasciato increduli, sgomenti ognuno di noi. Ho visto magistrati e poliziotti in lacrime. Le loro figure, come quella del giornalista, devono mantenere dai fatti, sul piano professionale, una giusta distanza. Ma ciò non vuole dire essere emotivamente insensibili.

Hai seguito Prodi per diverso tempo. Puoi accenarci qualcosa su questa esperienza?

Ho seguito il Presidente Prodi dal momento in cui ha terminato il suo mandato di Presidente della Commissione Europea ed è ritornato a Bologna. Tra i miei particolari ricordi professionali del periodo in cui egli è stato Presidente del Consiglio, c’è un viaggio lampo in Libia, nel settembre 2006 in occasione della riunione dei Capi di Stato e di Governo dell’Unione Africana. Prodi fu invitato a titolo personale da Gheddafi. Un appuntamento riservato, mantenuto segreto fino all’ultimo. E Prodi volle con sé solo SKY TG24. Il professore era l’unico leader straniero a partecipare a quell’incontro. E noi l’unica troupe. Per la prima volta nel nostro Paese un Presidente del Consiglio in un’occasione internazionale aveva al seguito una televisione che non era quella di Stato.

Un piccolo tassello, ma che conservo con piacere nella mia memoria.



Quali sono i tuoi obiettivi professionali?

Continuare a crescere, migliorarmi. E’ un’ovvietà, lo so. Ma è davvero la cosa che desidero maggiormente.


Come passi il tempo libero?

Mi piace stare con gli amici. Quando posso viaggio, amo i Paesi del Nord Europa.



Vorresti un giorno poter scrivere un libro? E’ rinomata la tua passione per i gialli..

Mi piace il poliziesco, specialmente quello italiano, perché è l’unico genere che oggi racconti la nostra società. Il giallo che da qualcuno è ancora considerato letteratura di serie B, non è più, da almeno 20 anni, il libro da ombrellone. Ha una forte valenza sociologica. Ed ha la territorialità come grande componente. Se voglio immergermi nella Sicilia leggo Camilleri, nel nord est Carlotto, nella Sardegna Fois, per Bologna Macchiavelli o Lucarelli. E potrei dilungarmi. Tra gli autori di gialli poi, ci sono nomi come Gadda e Sciascia. Un genere, il poliziesco, preso sempre più spesso in prestito da altri generi letterari.

Io ho scritto alcune cose per me. Ma per scrivere un libro credo che occorra tanta dedizione. E devi avere qualcosa da dire o una storia da raccontare all’altezza. Se li avrò, un giorno chi lo sa.





Infine, un consiglio che ti senti di dare ad un giovane che si appresta ad iniziare la tua stessa carriera.

Non penso di potere dare dei consigli, però sono convinto che a volte certe porte non si aprano perché non si è bussato.

giovedì 30 aprile 2009

Le interviste de " Il Mondo di Sky Tg24": Federico Sisimbro


Raccontaci innanzitutto come nasce la passione per il giornalismo e come hai iniziato

Credo che la passione per il giornalismo l’hai dentro da sempre. Pensa, il mio primo articoletto l’ho scritto a tredici anni per un giornalino della parrocchia. Sostenevo che le omelie “ingessate” servivano a poco. Trovavo molto più interessante un dialogo tra il sacerdote e la gente presente in chiesa. Il risultato? Il parroco mi chiamò in sacrestia e dopo una ramanzina mi proibì di entrare nella sala giochi dell’associazione cattolica per una settimana. Alle scuole superiori poi durante le lezioni di ragioneria e tecnica bancaria, arabo per me, scrivevo racconti divertenti, talvolta in rima, sui professori e sui compagni di classe. Si divertivano a leggerli un po’ tutti, insegnanti compresi. Anzi spesso erano loro a commissionarmeli.
Finita la scuola anche su consiglio di chi mi conosceva, mi buttai a capofitto in questa professione cominciando a lavorare in radio e tv private. La porta d’accesso fu una delle prime scuole di giornalismo create in Italia e intitolata a Giò Marrazzo. Tre volte a settimana, per due anni, andavo a Nocera Inferiore per partecipare ai corsi tenuti da professionisti come Giancarlo Santalmassi, Piero Marrazzo e Raffaele Genah. Vinsi la borsa di studio ed ebbi la prima offerta lavorativa in una tv privata come conduttore del Tg.

L’approdo a Sky quando è avvenuto?

A Sky non sono mai approdato perché già c’ero. Sono uno di quei pochi che possono dire di averla vista nascere. Anzi direi di aver assistito proprio al parto. Infatti, facevo parte della redazione sportiva di Stream prima della fusione con Telepiù e della conseguente nascita di Sky. Quella di Stream, è stata un’esperienza che ricordo con piacere. In redazione avevo mostri sacri del giornalismo sportivo da Massimo Tecca a Stefano De Grandis, da Fabio Guadagnini al direttore Darwin Pastorin. Insomma telecronisti, conduttori e bordo campisti di grande qualità e farsi spazio non era semplice. Io poi venivo dalla cronaca avendo fatto, tra l’altro, il corrispondente da Napoli per Radio Dimensione Suono. Però me la sono cavata alla grande ritagliandomi uno spazio tutto mio. Realizzavo servizi nei quali raccontavo aspetti inconsueti del mondo del calcio. Aspetti umani e talvolta anche insoliti. Un’esperienza simile l’ho fatta quando ho collaborato per due anni al programma “Sportlandia” in onda su Radio Uno Rai.

Ci sono stati punti di riferimento chiave nella tua crescita professionale?

Beh l’esperienza di lavorare qui è molto formativa. Un tg come il nostro chiede tanti sacrifici ma alla fine il risultato ti ripaga di tutti gli sforzi. Ho avuto la possibilità di arrivare in elicottero sulla notizia, di andare sui luoghi di guerra come in Iraq o di raccontare in diretta cose accadute poco prima grazie ai mezzi tecnici di Sky. Cose, insomma, che ti fanno crescere molto.
Professionalmente sono molto legato a Piero Vigorelli per il quale ho lavorato prima di passare alla tv satellitare. Ho collaborato per il programma “Parlamento in” in onda sulle reti Mediaset e quella è stata la mia prima esperienza televisiva a livello nazionale. Da lui ho imparato tante cose e ancora oggi lo rivedo sempre con piacere.

A quali servizi da te curati sei maggiormente legato e perché?

Più che a un servizio sono particolarmente legato all’esperienza fatta nello Sri Lanka dove arrivai poche ore dopo lo tsunami. Essere tra i primi giornalisti a poter raccontare una della più grandi catastrofi naturali, ti mette i brividi addosso. Solo in quel paese i morti furono circa trentasei mila. Arrivando dopo ore di viaggio nei vari villaggi di pescatori spazzati via dall’onda assassina, prendevo sempre più coscienza della spaventosa forza distruttiva della natura. Sono rimasto sbalordito dalla grande dignità di quel popolo che, anche per motivi religiosi, ha un rapporto diverso con la morte.





Sei stato finalista con lo speciale“Sulcis In Fundo” al premio Ilaria Alpi. Ce ne parli?

Ecco, allo speciale realizzato nella miniera di carbone del Sulcis sono particolarmente legato e non solo perché con questo lavoro sono arrivato in finale al premio “Ilaria Alpi”, ma perché è bello completare qualcosa e dire a se stessi: “Meglio di così non saprei fare”. Un viaggio nelle viscere della terra che mi ha dato la sensazione di ritornare indietro nel tempo. Anche se la vita del minatore oggi è cambiata, ti assicuro che scendere sottoterra tutti i giorni, per vivere, mette angoscia. Dopo aver indossato l’imbracatura necessaria e aver avuto in dotazione la bomboletta d’ossigeno, quando mi sono trovato di fronte al gabbione che ci avrebbe portato a 500 metri sotto terra, non nascondo che ho esitato un momento. Poi la curiosità di vedere e raccontare ancora una volta hanno prevalso.

Durante la notte del sisma che ha colpito l’Abruzzo eri di turno a Sky. Ci
racconti quei primi momenti?


Ho vissuto la terribile esperienza del terremoto in Campania negli anni ’80. Quindi quando in redazione ho sentito la terra tremare sotto i piedi ho subito capito cosa stava succedendo. Mi sono consultato con l’altro mio collega, Daniele Semeraro, un giovane davvero molto preparato, e abbiamo avviato il motore di Sky Tg24. In poco meno di mezz’ora in redazione sono piombati il direttore Emilio Carelli e il vice Ivano Santovincenzo. Alle 5 Marco Piccaluga era già in onda con una serie di telefonate con esperti e autorità. Gente contattata nel cuore della notte da me e Semeraro. Il lavoro di squadra è anche questo, lavorare nelle retrovie per consentire un buon risultato finale.



Sei stato il primo a fare dirette da una postazione molto particolare…Raccontaci…

Non so se ci sono precedenti, devo dire, credo di no. Ma a me questa cosa è piaciuta e mi ha divertito parecchio. In occasione della manifestazione anti-Bush a Roma, abbiamo deciso di fare le dirette dallo scooter. Eravamo così organizzati: l’operatore con una radio camera, Dan Dimitrescu, mi precedeva su una moto guidata dall’assistente. L’altro specializzato di ripresa guidava lo scooter con me seduto dietro. Così facendo in diretta coprivamo buona parte del tragitto. Tutto è andato bene, anche se a un certo punto…un bus ci ha tagliato la strada e ho temuto il peggio. Nella migliore delle ipotesi saremmo finiti su un programma tipo Blob o Paperissima…nella peggiore, non oso pensare.

Pensi che per un giornalista sia difficile non farsi coinvolgere emotivamente dagli eventi che racconta? A te è mai successo?

Come capita per il medico, anche il giornalista si “abitua” a vivere situazioni talvolta cruente. In gergo “si fa il callo”. Però ti assicuro, almeno per quanto mi riguarda, dopo aver terminato il lavoro e sono solo certe storie mi fanno riflettere su tante cose. Mi sono emozionato molto, devo dire, quando ho commentato l’arrivo dei feretri delle vittime dell’ammaraggio dell’Atr a Bari. C’era sulla pista dell’aeroporto la piccola bara di una bimba di quattro anni con accanto quella della madre. Mi si è stretto il cuore e ho faticato molto nel commentare. Avevo un nodo alla gola.





Sei campano, com’è il rapporto con la tua terra?

Sono napoletano doc e orgoglioso di esserlo. Non potevo che nascere a Napoli, sinceramente. A Mergellina vicino al mare. Nel mio dna c’è la filosofia di vita di Eduardo De Filippo, Totò, Massimo Troisi. Vivere con ironia e con la consapevolezza che il sorriso amaro è molto più efficace del pianto. Sono tifosissimo del Napoli e quando posso scappo da mia madre che non mi vede quasi mai. Almeno lì sono servito e riverito e riesco ad assaporare le bontà della tradizione culinaria partenopea. Vivendo da solo, sono single, spesso sostituisco i pasti con fugaci colazioni.

Come passi il tempo libero?

Nel mio tempo libero mi dedico alle cose che amo di più: correre, qualche lezione di aerobica in palestra, leggere libri, soprattutto autori francesi del ‘900, vedere film. Poi se si fa viva qualche amica per un aperitivo, il tempo per un’uscita si trova. Non amo la movida notturna. Amo vivere alla luce del sole e mi piace molto viaggiare. Quando posso, trascorro qualche giorno a Ischia, la mia isola preferita. Mare, sole, terme e buona cucina.



Hai un particolare progetto lavorativo per il futuro? Oppure non so, un sogno?

Tanti progetti e tanti sogni. Mi piacerebbe realizzare e condurre un programma prettamente di cronaca nera. Divoro i libri di Carlo Lucarelli e quelli legati ai delitti più famosi. Credo che al pubblico televisivo, storie del genere interessino molto poiché vanno a stuzzicare quel detective che c’è in ognuno di noi.

Ti piacerebbe scrivere un libro? Se sì, di cosa vorresti parlare?


Da anni ho questo desiderio e da qualche mese ho cominciato a lavorarci. L’idea è di raccontare la mia generazione attraverso la figura di un 40enne che si trova a fare i conti con il bilancio della vita. La nostra è stata una generazione che ha vissuto sulla propria pelle l’accelerazione all’ennesima potenza dello sviluppo tecnologico. Siamo passati dalle cabine telefoniche a gettoni ai cellulari ultra moderni. Dalle lettere scritte a mano alle nuove opportunità di comunicazione attraverso Internet.
L’innovazione e il progresso sono sempre esistiti solo che prima erano molto più lenti. Questi ultimi venti anni, invece, sono stati caratterizzati da una corsa verso il nuovo troppo veloce. E credo che questo fattore ci abbia scosso e non poco con ripercussioni anche nei rapporti interpersonali. Tutto oggi inizia e si consuma in fretta. Quando avevo quindici anni per avere notizie della mia fidanzatina conosciuta al mare, dovevo aspettare almeno due settimane prima che arrivasse la sua risposta attraverso una lettera. Oggi in un’ora, attraverso sms o internet, si dicono cose che prima si dicevano in settimane e settimane di conoscenza.

Cosa ti senti di consigliare a chi vuole intraprendere il tuo stesso lavoro?

Consiglio di pensarci bene. Questa più che una professione è una missione che richiede tanti sacrifici. Si parla spesso di raccomandati, quelli ci sono eccome. Ma chi ha talento alla fine emerge.

giovedì 23 aprile 2009

Le interviste de " Il Mondo di Sky Tg24": Milo D'Agostino



Ciao Milo, come hai iniziato la tua carriera nel mondo del giornalismo?

Un Po’ per caso e un po’ per fortuna. Conducevo il tg a R101 a Milano, ma non ero molto contento di come andavano le cose. Mi pesava aver lasciato la redazione di Montecitorio Poi arrivò la soffiata di un collega: “ alla redazione del politico di skytg24 sono in emergenza! Già da un po'inoltre, Valeria, la mia compagna, anche lei giornalista, mi suggeriva sky tg24 come realtà su cui puntare...è libera, dinamica, fatta da giovani...e tu sei un giovane volto che buca il video... mi diceva.... arrivò quindi il classico bivio... Un contratto a tempo indeterminato a Milano o precario in una redazione ambiziosa e soprattutto guidata da un direttore e un editore liberi da condizionamenti. Non è stato difficile scegliere…….

Miti? Punti di riferimento?

Spero di non fare torto a nessuno. Di riferimenti ne ho avuti tanti . Da giovanissimo sono stato fan di Piero Badaloni e dell’intramontabile Paolo Frajese. Poi ascolti rds e ti innamori di voci come quelle di Davide Camera, Alessandra Rotolo, Ivonne Paroncini etc. Quello che sicuramente non avrei mai immaginato, è che un giorno anche io sarei entrato a far parte del favoloso mondo delle radio. Ho avuto l’opportunità di lavorare e conoscere alcuni tra i giovani più promettenti del panorama radiofonico italiano – una me la sono pure sposata - . Qualcuno di loro ha avuto più fortuna, altri nessuno li ricorda. Eppure avrebbero tanto da insegnare……...per me è stato così.

Cosa pensi della tua veste di conduttore?

La conduzione è una mia vecchia conoscenza. Ma in televisione, con tutta franchezza, ho dovuto fare i conti con diversi aspetti a me sconosciuti. In radio il vestito non conta – ammetto spudoratamente di aver condotto in magliettina ed infradito – . I tempi poi sono diversi, anche se la velocità di un all news come la nostra, si avvicina molto ad un format radiofonico. È un’esperienza strepitosa che ti dà un sacco di adrenalina. Adoro dare le notizie dell’ultima ora, sentirle su di me, farle vivere a chi mi ascolta….Esaltante.

Tu fai parte della redazione politica del tg. E’ difficile occuparsi di politica?

Nessun condizionamento, autonomia, equilibrio, zero giudizi e pochi commenti. Sono le regole base di chi segue il politico. La responsabilità c’è ma non mi ha pesato. Sono figlio di un democristiano di vecchia scuola. Trovo condivisibili tutte le opinioni politiche ma odio le “polemicucce “tra esponenti dei diversi schieramenti. Alla gente non interessa…. Noi giornalisti dovremmo ricordarcelo più spesso e andare alla sostanza di provvedimenti importanti per questo paese..... che però restano al palo.

Quali sono gli eventi da te seguiti che ti rimarranno dentro per sempre?

Le macerie della scuola di San Giuliano. I vigili del fuoco che scavano a mani nude. Il padre di una piccola vittima che si strappa i capelli per il dolore . Nessuna intervista a capi di stato e leader di governo mi resterà più impressa di quella terribile tragedia che ho vissuto come inviato.

C’è ancora chi fa la vera politica?

La vera politica sono rimasti in pochi a farla. E chiaramente lo sforzo di pochi non basta a fare andare le cose per il verso giusto. Abbiamo bisogno di essere governati. Ma dovremmo ricordarci, quando entriamo nell’urna di guardare bene chi stiamo mandando in parlamento…… Compito certo reso più difficile da una legge elettorale che non ci consente neanche di scegliere il nostro candidato di riferimento. Ma a guardare bene neanche prima potevamo farlo. Tutto è sempre stato ad appannaggio delle segreterie di partito….

Una notizia che vorresti annunciare agli italiani?

Penso al medio oriente. Mi piacerebbe annunciare al mondo una pace duratura tra palestinesi e israeliani.

Come passi il tempo libero?

Tempo libero ? dolce parola. Un po’ di sport, una strimpellata con la chitarra ma soprattutto coccole a moglie e figli..

Un consiglio per i giovani in erba che vogliono diventare giornalisti?

Siete sicuri di voler fare i “giornalai” ? (come ci chiama qualcuno). Allora cominciate a trottare: cercate notizie. A cominciare dal gatto salvato dai vigili del fuoco. Ascoltate la gente di strada. Proponetevi con la faccia più tosta che avete e soprattutto dimenticate facili ed immediati guadagni. Lavorare gratis soprattutto nei primi anni è praticamente scontato ma se non altro abitua ad essere umili…… una vera rarità in questo settore.